Impianti sci chiusi fino al 5 marzo. Magnani: "Ci hanno tolto tutte le speranze"

Il presidente del Consorzio Cimone: “Danno incalcolabile. La montagna e i montanari devono farsi sentire”

Luciano Magnani

Luciano Magnani

Modena, 15 febbraio 2021 – “Questo significa togliere tutte le speranze alle persone che ci hanno investito e creduto, è un danno incalcolabile. La montagna è in ginocchio”. È sconsolato Luciano Magnani, presidente del Consorzio Cimone, il più grande comprensorio sciistico dell'Emilia-Romagna. Nella giornata che avrebbe dovuto segnare la ripartenza degli impianti, le piste sono rimaste deserte dopo il prolungamento dello stop fino al 5 marzo da parte del Governo. E l’amarezza è tanta.

"Sono molto deluso – rimarca Magnani –. Non so se riapriremo il 5 marzo. Mancano ancora 20 giorni. Vedremo, ma le spese per mantenere le piste sono molte e i guadagni zero". Il comprensorio sciistico dell'Appennino Modenese conta 52 chilometri di piste, 22 impianti, 150 maestri, e un'accoglienza potenziale di 7mila posti letto. È lo stop all’attività rappresenta un colpo da ko per tutta la filiera del turismo invernale. "Questa doveva essere l'inizio di una settimana di speranza. Potevamo contare su 180 centimetri di neve, giornate con il sole: certo - ragiona Magnani - non avremmo salvato la stagione ma potevamo recuperarla per il 20 per cento".

Invece, per gli operatori della neve, l'ordinanza del ministro Speranza è stato sale sulle ferite. "Ieri sera alle 19.10 dopo che 12 gatti delle nevi per 5 ore hanno battuto tutte le piste mi è arrivata questa comunicazione. Io sono sempre ottimista ma stavolta mi hanno tolto la fiducia. Sono molto deluso come tutti gli operatori della neve. Non mi sarei mai aspettato - sono le parole di Magnani - da un governo italiano una decisione così, dodici ore prima della prevista riapertura degli impianti. Il ministro Speranza ha preso una decisione contro i presidenti delle Regioni. Questo mi dispiace perché apprezzo molto il presidente del Consiglio Draghi".

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Ora, la speranza per una (mancata) ripartenza è stata sostituita dalla rabbia. "La montagna e i montanari devono farsi sentire – conclude Magnani –. Fino adesso abbiamo rispettato le regole, ma è la quarta volta che rimandano la partenza. C'è anche un rischio di emergenza sociale. Chi non prende lo stipendio ha problemi anche a mangiare".