Nonostante fosse sottoposto, a seguito di un altro procedimento, a misura cautelare avrebbe continuato a commettere frodi creditizie, generando crediti di imposta fittizi sfruttando indebitamente alcune agevolazioni fiscali riconosciute dal Governo nel periodo della pandemia da Covid-19. Per questo motivo è scattato l’aggravamento della misura, con conseguente e a questo punto inevitabile trasferimento in carcere per il noto imprenditore mirandolese Massimiliano Sciava. Parliamo dell’imprenditore che in passato era finito alla ribalta delle cronache in particolare quando, ad agosto dello scorso anno, finì una prima volta in cella su ordinanza di custodia cautelare poichè accusato di indebite compensazioni, dichiarazione fraudolenta, omesso versamento Iva, autoriciclaggio, falso in bilancio e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.
Per i presunti reati di cui era accusato, l’uomo, operante nel settore della somministrazione di manodopera, è stato rinviato a giudizio. A settembre la guardia di finanza, su delega della procura aveva dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo d’urgenza fino a concorrenza per circa 8 milioni di euro nei confronti di Sciava e di altri nove indagati, che nello specifico erano stati accusati di indebite compensazioni di crediti inesistenti. Il 3 ottobre, su delega della procura la Guardia di Finanza ha dato esecuzione ad una ordinanza emessa dal tribunale collegiale di Modena che ha previsto appunto l’aggravamento della misura cautelare, passata dagli arresti domiciliari a custodia cautelare in carcere. Sciava, lo ricordiamo, operava nel settore della somministrazione di manodopera ed è accusato di indebite compensazioni di crediti inesistenti, dichiarazione fraudolenta, omesso versamento Iva e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposta, nonché di autoriciclaggio e falso in bilancio. Nonostante si trovasse dunque ai domiciliari da agosto dello scorso anno – secondo le fiamme gialle – avrebbe continuato, mediante l’indicazione nei bilanci di società a lui riconducibili, non realmente operative, di voci contabili per importi miliardari, a generare - sfruttando indebitamente le agevolazioni Covid-19 - milioni di crediti di imposta inesistenti, che sarebbero stati in parte utilizzati. Quindi la reiterazione del reati di indebite compensazioni, oltre all’accertata violazione del divieto di comunicazione cui l’imprenditore era tenuto durante i domiciliari hanno portato il tribunale, su richiesta della Procura, a disporre l’aggravamento della misura