Imprenditore pericoloso: i beni passano allo Stato

Mirandola, la Cassazione rende definitiva la confisca di un patrimonio da 1,4 milioni di euro riconducibile a un 67enne ritenuto vicino alla mafia

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Case, un intero complesso immobiliare e alcuni garage. Tutto è passato allo Stato. Si chiude con una confisca praticamente già esecutiva l’iter guidiziario iniziato ormai oltre dieci anni fa nei confronti di un 67enne campano residente a Mirandola, G. D. le iniziali, imprenditore considerato dal Gico (gruppo investigazione criminalità organizzata) della Guaradia di finanza come "fiscalmente pericoloso" per aver commesso, in maniera sistematica, delitti in ambito economico-finanziario, oltreché vicino a clan camorristici campani e a cosche della ‘Ndrangheta calabrese.

I militari del comando provinciale della guardia di finanza di Bologna hanno infatti eseguito, tra le province di Bologna e Modena, un decreto di confisca definitiva relativo a un ingente patrimonio immobiliare e finanziario, del valore di 1,4 milioni di euro, riconducibile al 67enne. In particolare, la Suprema Corte di Cassazione ha definitivamente stabilito il passaggio allo Stato

di 11 immobili tra Mirandola, Finale Emilia, San Felice sul Panaro e Crevalcore; 3 partecipazioni societarie e 10 rapporti bancari, tutti riconducibili all’imprenditore o a prestanome a lui legati.

La confisca definitiva costituisce l’epilogo di un iter giudiziario attraverso il quale le Fiamme Gialle del nucleo di polizia economico-finanziaria di Bologna, su delega della Procura di Modena, hanno svolto complesse indagini patrimoniali ai sensi del Codice Antimafia che hanno evidenziato la marcata sproporzione tra i redditi formalmente riconducibili al principale indagato e al suo nucleo familiare e il patrimonio immobiliare nella sua effettiva disponibilità.

In tale ambito, il Tribunale di Modena aveva già accolto, nel 2017, la proposta di un sequestro di prevenzione dei citati beni e disposto, nel 2020, la confisca di primo grado. Nei giorni scorsi si è perfezionata l’intera procedura di prevenzione grazie all’esecuzione della confisca definitiva, ultimo grado di giudizio a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione divenuta irrevocabile lo scorso 25 febbraio. Le indagini hanno fatto emergere come, attraverso la costituzione di diverse società tutte riconducibili, anche per interposte persone, all’indagato, quest’ultimo abbia tentato di evitare ablazioni patrimoniali che sarebbero scattate attraverso l’applicazione del Codice Antimafia. I beni da ultimo confiscati saranno gestiti dall’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati che ne curerà la destinazione e il riutilizzo a fini sociali. L’attività conferma l’impegno del Corpo nel contrasto alle più insidiose manifestazioni economiche che scaturiscono da condotte illecite da parte di imprenditori ’socialmente pericolosi’.