
Shoval Abend, 28 anni, israeliano che studia a Modena
Modena, 9 febbraio 2025 – Ha la voce intrisa di commozione Shoval Abend, 28 anni, israeliano che vive a Modena dove studia Medicina. Dopo 491 giorni dal rapimento, lo zio materno, Ohad Ben Ami, padre di tre figlie, è stato liberato ieri, nell’ambito del quinto scambio tra prigionieri palestinesi e ostaggi israeliani previsto dagli accordi per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza.
Insieme a lui sono stati rilasciati Eli Sharabi e Or Levy: alla gioia della liberazione il nipote Shoval Abend non nasconde la preoccupazione per le prime, scioccanti, immagini che ha visto dello zio.
Shoval, è un giorno importante per la vostra famiglia: che emozioni ha provato quando ti hanno confermato che lo zio era stato liberato?
“Una gioia indescrivibile a parole, il senso di speranza che abbiamo sempre tenuto acceso in questi terribili mesi ha trovato la ‘pace’. Al tempo stesso, io come tutti i componenti della mia famiglia, siamo rimasti sconvolti dalle prime immagini che hanno mostrato dello zio. Sembra uscito da un lager, immediatamente ho rivisto in lui la foto dei miei nonni quando sono usciti da Auschwitz”.
È molto cambiato?
“È irriconoscibile. Una delle sue figlie, con cui sono in continuo contatto telefonico, è riuscita ad intercettarlo mentre da Gaza lo portavano in ospedale. È talmente scheletrico che non era sicura fosse suo padre, così magro, scavato e deperito che sembra un’altra persona. Lo zio pratica sport, va in bicicletta, ha 56 anni: mia cugina ha detto che ne dimostra almeno 20 in più, camminava lento”.
È stato torturato?
“A livello fisico no, solo minacciato. Però non davano loro da bere, mangiare, non c’erano i bagni ed è sempre stato tenuto al buio: ecco perché al rilascio aveva gli occhiali da sole, la luce lo avrebbe accecato”.

Lei è già riuscito a sentirlo?
“Ancora no, aspetto qualche giorno perché possa riprendersi. Adesso è in ospedale e ci starà almeno per una settimana, devono fargli fari esami. Sono in contatto continuo con mia cugina, una delle sue figlie. Per prima lo ha raggiunto la moglie, zia Raza e hanno fatto una commovente videochiamata con le figlie, poi anche loro lo hanno potuto riabbracciare. Io al massimo tra dieci giorni vado da loro in Israele: voglio vedere lo zio, accertarmi con i miei occhi di come sta e capire come è la situazione”.
Anche sua zia era stata rapita il 7 ottobre 2023…
“I suoi zii sono stati rapiti insieme da Hamas, mentre erano nella loro casa nel Kibbutz di Be’eri, a quattro chilometri da Gaza, erano a letto, hanno sentito dei rumori e poi i terroristi sono entrati nella loro camera da letto, hanno distrutto tutto, portandoli via entrambi, insieme ai soldi e ai documenti”.
Momenti terrificanti per tutta la famiglia.
“Per fortuna in quel momento le loro tre figlie, dai 28 ai 19 anni, non erano in casa. La più piccola era con il suo ragazzo e hanno ucciso il padre di lui. La zia Raz, che è sorella di mia madre, è stata liberata dopo 54 giorni: quando l’hanno rilasciata l’hanno minacciata, se avesse raccontato qualcosa di quei momenti ai giornali e alla famiglia avrebbero ucciso lei e il marito. Ha vissuto questi 16 mesi come in un incubo, senza avere sue notizie e sentendosi in colpa perché lei era stata liberata e lui no. Adesso racconta come sono stati quei giorni: un pezzetto di pane ma non tutti i giorni, niente acqua, niente servizi igienici, al buio”.
In questi mesi lei ha incontrato diplomatici e ambasciatori provenienti da tutto il mondo per chiedere il loro aiuto al fine della liberazione dello zio. Continuerà a farlo?
“Certo, anzi occorre fare ancora più pressione sulla comunità internazionale per velocizzare la liberazione degli altri 77 ostaggi, di cui almeno 25 vivi. Viste le condizioni dello zio, sarà sempre peggio per chi è ancora nelle mani di Hamas, non ci voglio neanche pensare”.