"Indagine complessa, la svolta dalla fuliggine"

Francesco Camarda, ex commissario della squadra mobile: "Con la Scientifica lavoro certosino"

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Pochi ma fondamentali indizi che non sono sfuggiti agli investigatori. È questo che ha fatto la differenza nel caso Morandi. Il delitto, infatti, è stato scoperto grazie al lavoro certosino svolto dalla squadra mobile e dal commissario, ora in pensione, Francesco Camarda che all’epoca coordinava l’attività investigativa sul caso.

Camarda, grazie al vostro lavoro alla fine l’omicida è stato condannato all’ergastolo.

"È difficile parlare di casi tragici come questo: il primo pensiero va alla vittima e da parte nostra, la condanna rappresenta una soddisfazione mia e di tutti i colleghi che hanno collaborato con me e che ringrazio. Un successo della squadra mobile e della questura, della procura, in particolare dei magistrati che hanno sostenuto l’accusa: Francesca Graziano e Lucia De Santis. Due magistrati con cui ho avuto la fortuna di collaborare quando ero in servizio, altamente professionali e che creano le condizioni per poter raggiungere con la polizia giudiziaria risultati ottimali. I successi non sono mai dei singoli ma del gruppo, quindi della squadra mobile".

Come avete capito che si trattava di un delitto e non di una morte accidentale?

"La prima cosa balzata all’occhio è stata il fatto che nell’appartamento il fumo avesse devastato l’immobile, nonostante le fiamme in assenza di ossigeno si fossero spente ma non vi era traccia del protafogli della donna e del suo telefonino. Due oggetti che nonostante le temperature fossero elevate non potevano essere andati distrutti. Sicuramente vista la vita che conduceva la vittima, poi, si poteva ipotizzare la morte accidentale ma questi due aspetti avevano da subito fatto nascere il sospetto. Da qui lo spunto per approfondire la situazione".

Un’indagine quindi complessa...

"Siamo partiti in condizioni non facili: il cadavere era stato spostato perchè i sanitari avevano tentato comunque di fare il possibile per rianimare la donna e l’appartamento era distrutto. Concas, l’ultima persona ad aver visto la vittima, aveva negato di essere stato con lei e la scena del crimine era comunque compromessa per una serie di motivi, uno su tutti il calore che aveva deturpato gran parte dell’appartamento e l’acqua utilizzata dai pompieri. Insieme alla scientifica siamo riusciti ad immortalare tutti i particolari: da lì siamo partiti per ricostruire alcune situazioni. Tra queste, il fatto che il corpo della donna avesse lasciato sul posto comunque ‘l’alone’: quindi la fuliggine aveva cosparso il pavimento quando lei era già a terra".

v.r.