"Infermieri indispensabili, ma siamo pochi"

Ieri al parco Amendola stand e dimostrazioni per la Giornata dedicata alla professione. La presidente Giudice: "C’è carenza"

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di Valentina Reggiani

"Perché ho deciso di diventare infemiera? Perchè aiutare qualcuno e magari aver contribito a salvargli la vita non ha prezzo". Sono i sanitari che meno guadagnano rispetto ai colleghi di tutta Europa e forse anche per questo la presenza nelle facoltà è sempre più esigua: le prospettive future non sono così rosee. Eppure durante la pandemia era impossibile non definirli eroi. Parliamo degli infermieri: ieri, infatti, è stata celebrata la giornata internazionale dell’infermiere e l’ordine provinciale delle Professioni Infermieristiche di Modena ha organizzato un evento al parco Amendola durante il quale gli infermieri hanno presentato la loro professione ai cittadini. Tantissimi i bambini che, con grande curiosità hanno preso parte ad attività di educazione sanitaria inerente le manovre di rianimazione cardio polmonare e disostruzione delle vie aeree. Nell’area dedicata è stato creato un percorso guidato in alcuni gazebo nei quali sono stati presentati la formazione universitaria, la prevenzione ed educazione sanitaria, la professione nell’ambito delle Cure Primarie, le attività in ospedale e nell’emergenza urgenza.

Carmela Giudice, presidente dell’ordine delle professioni infermieristiche di Modena ha detto:"In questi due anni abbiamo dimostrato di esserci, portando in campo competenze, umanità e non ci siamo mai dimenticati della persona mettendo al primo posto sempre la relazione. Bisogna però andare avanti e con questa pandemia abbiamo capito le difficoltà, le fragilità di quella che è l’organizzazione della sanità sul territorio e noi come infermieri siamo pronti a dare il nostro contributo per la riorganizzazione del sistema sanitario territoriale. Abbiamo però una carenza di infermieri - spiega - e occorrerebbe porsi domande: i fattori sono tantissimi". Tra i tantissimi giovani infermieri, ieri, si respirava però grande entusiasmo per una professione che, comunque, cambia la vita. "Ho iniziato in piena pandemia, il 4 marzo 2020 – ha spiegato Tina Malavasi, infermiera del 118 - ho scoperto facendo volontariato cos’era l’emergenza, l’aiutare gli altri e ho provato emozioni fortissime. Mi sono laureata e ho fatto un master in emergenza urgenza perchè mi sono innamorata di questo ambito. Com’è stata l’era covid? La paura era tanta; non sapevi a cosa andavi incontro e dovevi vivere giorno per giorno, sapendo improvvisare tutto".

Fabio Mora, coordinatore, sottolinea come il 118 sia composto da tantissimi infermieri che svolgono l’attività in diversi ambiti del soccorso. "La pandemia ha evidenziato che la professione infermieristica svolge un ruolo determinante nelle postazioni sanitarie, sia quelle di emergenza sia quelle territoriali di assistenza domiciliare così come quelle ospedaliere. La popolazione e la politica apparentemente hanno capito l’importanza della figura professionale dell’infermiere ma c’è una carenza di vocazione: si tratta di fare una scelta verso una professione poco appettibile per gli sbocchi professionali, ovvero la progressione e la retribuzione economica che in Italia è una delle più basse d’Europa". Federica Davolio, della residenza per anziani Ramazzini di Modena ha sottolineato quanto sia stato difficile ‘combattere’ il virus e reperire il personale infermieristico. Letizia Loguercio, 21 anni, al secondo anno dell’università spiega: "Il periodo della pandemia mi ha fatto capire quanto sia importante aiutare il prossimo".