di Giorgia De Cupertinis
Si vedono ancora i segni sul viso di Maurizio Alaimo, come un "marchio" della brutale violenza subìta soltanto qualche giorno fa, all’interno del reparto di cardiologia a Baggiovara, dove l’infermiere 36enne e un collega sono stati pestati a sangue dai parenti di una paziente ricoverata. Pugni, calci, pedate sferrate con una "violenza inaudita" per colpire chi, quella mattina, "stava solamente svolgendo il proprio lavoro".
"Un lavoro che amo – ci tiene a precisare Maurizio – anche se, dopo quanto accaduto, pensare di tornare in reparto mi fa venire i brividi. Quando torno con la mente a quell’ esatto momento ho ancora le palpitazioni: fisicamente sto meglio, perché ho la pelle dura, ma psicologicamente sono devastato". Nei suoi occhi infatti, la paura, profonda, si percepisce ancora. "Tutto è nato da un diverbio futile: la paziente, che si era presentata come una dirigente sanitaria calabrese, non voleva che un tirocinante si occupasse del suo prelievo di sangue – racconta –. A quel punto, ho fatto presente alla paziente come fosse importante che i nostri giovani facciano pratica e di non dare un cattivo esempio. Una frase che evidentemente le ha scaturito qualcosa dentro, che poi ha trasmesso telefonicamente ai parenti (il marito, il figlio e la figlia), partiti da casa carichi di rabbia nei miei confronti e intenzionati a farmi del male. Inoltre, la paziente è stata dimessa ieri (martedì, ndr) ma dai parenti non c’è stato nessun mea culpa. Il momento in cui ho avuto più paura? Paradossalmente non è stato quando mi stavano picchiando, ma quando sono tornato a casa da mio figlio, perché ho realizzato quanto successo e ho provato grande paura pensando al rischio di non rivederlo". Ma il terrore, nonostante tutto, non ha comunque "incenerito" il coraggio. Il coraggio di portare la propria testimonianza agli altri, come gli infermieri hanno scelto di fare ieri, sostenuti dai sindacalisti della Cisl che stanno seguendo l’intera vicenda, "affinché a nessun altro ricapiti quanto successo a noi".
A fianco a Maurizio, ieri mattina, c’era appunto Vincenzo Giambruno, l’infermiere intervenuto in sua difesa, anch’egli violentemente colpito dai parenti della donna.
"Psicologicamente ero scioccato, ma il mio corpo si è mosso istintivamente, da solo, per evitare che capitasse il peggio. Avevano messo il mio collega all’angolo e lo stavano picchiando con una violenza mai vista prima, così sono intervenuto subito per creare una via di fuga – racconta il giovane infermiere –. La notte mi sveglio pensando a quell’episodio: noi sanitari curiamo le persone, non facciamo loro del male: il male, ultimamente, lo subiamo e basta. Servono pene certe, senza scappatoie, e sensibilizzare la popolazione".
Anche Federica Davolio, esponente dell’ordine delle professioni infermieristiche di Modena, ha voluto confermare un forte appoggio: "Siamo accanto ai nostri colleghi e continueremo a sostenerli".
Così anche la vicesindaca Francesca Maletti, presente ieri mattina: "Un fatto gravissimo e intollerabile – spiega – non è possibile che accadano episodi di questo tipo, mettendo a rischio professionisti che fanno sacrifici e mettono a disposizione le loro competenze per la nostra salute". "Quanto accaduto a Baggiovara non è solo un atto di violenza inaccettabile contro due professionisti che operano al servizio della collettività – il messaggio dell’assessore alla sanità dell’Emilia Romagna, Raffaele Donini, che esprime solidarietà – ma è anche un oltraggio alla dignità e alla sicurezza di tutto il personale sanitario".