di Davide Miserendino Prima di passare alla pratica bisogna avere solide basi teoriche. E’ questo l’assunto fondamentale della replica del professor Massimo Borghi, direttore del dipartimento di Ingegneria ’Enzo Ferrari’, agli studenti che nei giorni scorsi hanno scritto al Carlino per lamentarsi del corso di laurea di Ingegneria del veicolo. Breve riassunto: i ragazzi, tutti del terzo anno, si sono detti delusi dei loro studi ("col senno di poi avremmo fatto scelte diverse...") e dell’organizzazione del corso. Soprattutto si dicono preoccupati per il futuro, che vede addensarsi ombre sui motori termici e su un ’sapere’ che ha fatto la fortuna di questa terra, ma che oggi è chiamato a evolversi. Ma vediamo punto per punto cosa risponde Borghi ai ragazzi. Partiamo dal nodo della programmazione degli esami: in sostanza gli iscritti criticano la distribuzione delle prove durante l’anno, troppe nell’utimo semestre – addirittura sei – per potersi laureare nella sessione di luglio. Su questo punto c’è un’apertura: "Terremo sicuramente conto di queste preziose indicazioni nella prossima revisione dell’offerta formativa", dice Borghi. I ragazzi avevano espresso perplessità anche legate alla nutrita presenza, nei corsi di alto livello, di studenti provenienti da altri atenei – la maggioranza –, nonostante siano a numero chiuso. "I corsi del Muner (Motorvehicle University of Emilia-Romagna) – spiega Borghi – si rivolgono ad una platea internazionale di studenti, che comprende tutti i paesi europei, Stati Uniti, India, Cina. Non può sorprendere che la percentuale di studenti provenienti da Modena sia bassa, sarebbe piuttosto sospetto il contrario". Altra critica contenuta nella lettera, probabilmente il cuore del polemica sollevata dagli aspiranti ingegneri, la scarsità di incontri con le aziende della Motor Valley. "Gli incontri con le aziende, anche attraverso attività seminariali – argomenta il direttore del dipartimento – sono un punto di forza del corso di laurea e, nonostante il periodo ...
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