"Intervento illecito in Canalchiaro, distrutte le volte nel sottosuolo"

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Italia Nostra punta l’attenzione sui lavori che stanno riqualificando corso Canalchiaro, una delle strade più importanti del centro storico, lamentando la distruzione di 22 metri delle strutture architettoniche del ‘500 e ‘700 che coprivano l’antico canale oggi sotto la strada. I lavori arrivati ora all’incrocio con via dei Servi, gestiti dal Comune e affidati per quanto riguarda il cantiere relativo ai "sottoservizi" – il rifacimento delle fognature, in sostanza – ad Hera, si stanno svolgendo per tratti e prevedono in superficie la ripavimentazione con lastre in selce e ciottoli.

Ma l’associazione di tutela Italia Nostra, appunto, punta il dito su questi abbattimenti degli antichi manufatti realizzati dai modenesi dei secoli trascorsi, anche se nella sua nota non cita né il Comune né la multiutility attaccando perlopiù la soprintendenza. Va detto, infatti, che il cantiere di Comune-Hera è stato autorizzato dalla Soprintendenza stessa e in più qui sono state eseguite tutte le operazione di archeologia preventiva previste dalla legge. Ma cosa dice l’associazione presieduta da Giovanni Losavio? "I canali che scorrono nel sottosuolo della Modena antica e danno il nome alle sue strade, Canalchiaro, Canalgrande, Canalino - spiega un nota - furono riconosciuti di interesse storico e artistico particolarmente importante con decreto ministeriale del settembre 1994, quindi assoggettati al Codice dei beni culturali, con la finalità di ‘mantenere intatte le strutture architettoniche e costruttive’ dei principali canali che attraversano il centro storico, coperti e ‘voltati’ tra ‘500 e ‘700.

E la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio è istituzionalmente chiamata a far osservare quella vincolante disciplina conservativa". Ma qui come dice Italia Nostra "nel tratto in contiguità con le fondazioni del Palazzo Livizzani, le strutture in laterizio della storica canalizzazione, circa 22 metri, perfettamente conservate, sono state integralmente demolite per far posto alla moderna condotta di elementi scatolari prefabbricati. Insomma la distruzione di un bene culturale tutelato, un illecito perfino penalmente sanzionato dall’art.518-duodecies del codice penale".

Ed ecco appunto l’attacco alla Soprintendenza per l’operazione eseguita: "L’opera è stata fatta oggetto di verifica preventiva dell’interesse archeologico, la verifica si è conclusa negativamente e perciò è stata autorizzata la prosecuzione dei lavori. E’ francamente discutibile nel merito il modo in cui è stato condotto e concluso il procedimento di archeologia preventiva che innanzitutto non aveva ragione, promosso nella ignoranza che le strutture della storica canalizzazione erano state già riconosciute (nel 1994, ndr) di importante interesse storico e artistico, su iniziativa e istruttoria della stessa Soprintendenza". Stefano Luppi