"Io, la domestica che ha battezzato Edgardo"

Aurora, di Levizzano, ha interpretato Anna Morisci nel film sul caso Mortara: "Ho convinto Bellocchio struccata e vestita di scuro"

"Io, la domestica che ha battezzato Edgardo"

"Io, la domestica che ha battezzato Edgardo"

di Stefano Luppi

"Quando mi hanno chiesto ai provini se volevo fare l’attrice, mi brillavano gli occhi talmente ero emozionata: recitare spero divenga un lavoro serio e duraturo per il quale vorrei iniziare a studiare in una accademia di recitazione. È stata dura soprattutto non poter cavalcare per lungo tempo il mio cavallo Pablo". Sono le prime parole della 17enne Aurora Camatti, di Levizzano di Castelvetro che nel film ’Rapito’ di Marco Bellocchio interpreta la parte della donna di servizio Anna Morisci: il film, dopo gli applausi recenti al festival di Cannes ieri sera è stato ufficialmente presentato al cinema Raffaello dal regista e dal piccolo protagonista, anch’esso modenese, Enea Sala. C’era anche Aurora. Dalla domestica interpretata da Camatti parte la storia - terribile - del piccolo Edgardo Mortara, una vicenda relativa ai rapporti tra Chiesa e comunità ebraica a Bologna a metà dell’800 della quale si era interessato anche Steven Spielberg. Ecco i fatti. Nel 1858, nel quartiere ebraico di Bologna, i soldati del Papa irrompono nella casa della famiglia Mortara per portar via, letteralmente, Edgardo, il figlio di sette anni. Secondo le dichiarazioni di una domestica, appunto Aurora Camatti, ritenuto in punto di morte, a sei mesi, Edgardo era stato segretamente battezzato. La legge papale del tempo è inappellabile: deve ricevere un’educazione cattolica e così il bimbo viene portato a Roma, dall’ultimo papa re Pio IV (sta per arrivare, nel 1870, la breccia di Porta Pia, che metterà fine allo Stato della Chiesa). Mortara diverrà poi prete e missionario e nonostante le battaglie dei genitori non tornerà mai indietro e morirà in Belgio nel 1940. Aurora racconta la sua esperienza, la prima, certo molto importante vista la caratura del film e del regista: "Tutto è cominciato per caso - dice la ragazza di Levizzano - perché mia mamma Monica Leonardi ha insistito per un provino a Vignola. Io no volevo, ma quando mi hanno visto mi hanno chiesto di ripresentarmi struccata e vestita di scuro: da lì in poi una serie di provini fino a quello definitivo con Bellocchio".

Camatti poi racconta: "Sul set la parte più impegnativa non è stato tanto restare tante ore vestita come una domestica povera di metà ‘800, anche se avevo addosso corpetto, sottocorpetto, gonna e sottogonna. Non è stato neppure imparare la battute, sopportare il caldo o attendere sul set anche se a volte rientravo truccata e mio papà Massimo stentava a riconoscermi. E’ stato peggio non poter prendere sole e soprattutto con potere andare a cavalcare con Pablo, il mio cavallo da tre anni. Bellocchio comunque è stata una persona gentilissima che mi metteva a mio agio e mi ha dato tanti insegnamenti".