"Isolamento e ansia, i giovani soffrono molto"

Sandro Rubichi, docente di Psicologia di Unimore: "Dal punto di vista medico rischiano meno, ma a livello mentale la situazione è critica"

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di Alberto Greco

I giovani sembrano essere tra i principali bersagli della pandemia. Gli universitari Unimore sempre più frequentemente denunciano conseguenze sul piano psicologico delle restrizioni imposte per contrastare la diffusione del contagio. Il disagio, profondo e diffuso, non riguarda solo senso di solitudine e sintomatologia legata ad ansia e depressione, ma anche paura, disturbi del sonno, della alimentazione e della sessualità, instabilità emotiva e rassegnazione. La denuncia è emersa nel corso di un recente webinar promosso dal Comitato Unico di Garanzia dell’università che ha visto la partecipazione di circa 400 iscritti all’Ateneo.

"L’aspetto più interessante che emerge dagli studi internazionali – commenta Sandro Rubichi, ordinario di Psicologia Generale del corso di laurea in Scienze e tecniche psicologiche di Unimore – è che in generale i giovani hanno espresso il più alto livello di senso di solitudine e di preoccupazione legate alla pandemia, al pari delle persone che hanno una storia di malattie mentali. I giovani, quindi, se da un punto di vista medico-sanitario in senso stretto sono più fortunati in quanto hanno una prevalenza molto bassa di espressione grave dell’infezione, dal punto di vista psicologico, invece, sono uno dei bersagli principali della pandemia". All’aggravarsi di questa situazione ha concorso certamente il ricorso da parte di università e scuole alla didattica a distanza. I ricercatori dell’istituto Toniolo sostengono che "lezioni in presenza e lezioni a distanza non sono assimilabili in nessun modo. A parte ricorrere alla Dad per l’emergenza sanitaria tutto è decisamente peggiore. A livello di apprendimento, di socialità, di crescita". Problemi erano già emersi nella primavera scorsa, quando in pieno lockdown Unimore aveva avviato una indagine volontaria tra tutti gli iscritti, coordinata da Margherita Russo, per indagare sul gradimento della formazione a distanza. Insieme alla segnalazione da parte di tanti di non avere una buona connessione o strumenti tecnologici adatti (18%) e problemi nella organizzazione dello studio (40%), era emerso già un anno fa che un quarto degli studenti era "confuso e insofferente" per la didattica in remoto e quattro studenti su dieci erano disorientati, insoddisfatti dell’apprendimento e confusi su come uscire da questa situazione. "Rispetto alla situazione pre-pandemia – continua Rubichi – studentesse e studenti denunciano anche una diminuzione della loro capacità di portare avanti gli studi per minore motivazione, per una ridotta capacità di concentrazione durante le lezioni a distanza e nello studio individuale. Evidente è l’ansia di perdere tempo e l’incapacità di progettare il futuro. Si chiedono se torneranno normali e chiedono se gli psicofarmaci possono aiutare e, in modo più condiviso, quali strategie possano mettere in campo per reagire". Della Dad che ha spezzato le relazioni tra i giovani, però, non se ne può fare a meno. Cosa non funziona nel modello proposto di Dad? "La Dad in condizioni di normalità rappresenta un approccio didattico che integra l’utilizzo delle tecnologie, e delle specifiche potenzialità che le tecnologie permettono, nella normale prassi didattica. Nella situazione emergenziale dovuta alla pandemia la lezione d’aula è stata riproposta in un ambiente di videoconferenza; è improprio ora riferirsi a questa esperienza come a Dad. Se vogliamo utilizzare un acronimo, il modello applicato è il Lad (Lezioni a distanza), in verità. Messo in questi termini, risulta evidente cosa non abbia funzionato in questo anno: sono venuti a mancare gli aspetti relazionali della didattica in presenza e non sono state sfruttate tutte le potenzialità delle tecnologie sia in termini di approccio didattico sia in termini di approccio relazionale. Tutti siamo consapevoli che il modello Lad può compensare solo per un periodo emergenziale molto breve".

Per comprendere quali siano gli effetti indotti dalle restrizioni adottate per arginare l’emergenza pandemica su percezioni, atteggiamenti, comportamenti, costumi e più in generale sulle relazioni famigliari e di comunità Unimore promuove sei incontri online dal titolo "Pandemia e nuova normalità" L’iniziativa, promossa dai professori Sandro Rubichi e Marco Vinceti proseguirà fino al 6 maggio.