Joel Holmes e l’eredità dei grandi pianisti americani

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Siete pronti per uno spaccato di jazz contemporaneo che si confronta con il gospel e il funk, fino a lambire l’ R&B? L’occasione giusta è quella di domani quando dalle 21 salirà sul palco dello Smallet Jazz Club di Modena il virtuoso statunitense degli 88 tasti Joel Holmes (nella foto), erede del pianismo siderale dal retrogusto cameristico di Art Tatum, Phineas Newborn e McCoy Tyner. Ribalta condivisa con Stefano Senni al contrabbasso e Alessandro D’Anna alla batteria, partner che impreziosiscono il concerto centellinando o amplificando i propri contributi.

Ennesimo cadeau per jazzofili e non firmato Amici del Jazz di Modena che fa il paio con quello in cui giovedì scorso è stato primattore Luca Mannutza, ex enfant prodige del pianoforte – spiazzante il suo ultimo disco ’Uneven Shorter’ –. Insomma, jazz che si connette con l’eternità, come appunto quello che Holmes, compagno di viaggio di alcuni tra i più patinati interpreti del jazz mondiale, estrarrà domani dai suoi album, da ’Beyond the Stars’ e ’Pos’ a ’Expansion’.

Diverse le candidature ai Grammy del pianista dell’Arizona, una bacheca colma di riconoscimenti e una fama planetaria per aver militato a lungo nel gruppo di Roy Hargrove. Riflettori che si spengono su Joel e si riaccendono subito dopo al Centrale 66 sulla jam session del Free Quartet di Lucio Bruni in interplay con Cesare Vincenti alla chitarra, Enrico Lazzarini al contrabbasso e Andrea Burani alla batteria.

Gian Aldo Traversi