Kavanàh, il recital di Ovadia

Kavanàh, il recital di Ovadia

Kavanàh, il recital di Ovadia

"È bello dar lode al Signore e cantare al tuo nome, o Altissimo", recita il salmo 92. E negli Atti degli Apostoli si racconta che Paolo e Sila, in prigione a Filippi, "pregavano e cantavano inni di lode a Dio". Nel canto si è più vicini a Dio, e nel canto c’è anche la voce di Dio. E se risaliamo alla mistica ebraica, "i maestri della cabalàh osservano che la prima parola della Torah, ‘in principio’ (bereshit in ebraico) contiene uno straordinario anagramma, ‘taev shir’, voluttà di un canto – ricorda Moni Ovadia, attore, regista, custode della cultura ebraica –. Si può poeticamente affermare con i cabalisti che il mondo è stato creato per la voluttà di un canto". E allora è giusto tornare al canto, e ritrovare nel canto una vicinanza a quel divino che andiamo cercando. "Kavanàh" significa proprio ‘partecipazione’ al canto, ed è il titolo del recital che Moni Ovadia proporrà stasera alle 20.30 al teatro Comunale Pavarotti Freni, per il festival "L’Altro Suono": con lui sul palco il Fontana Mix Ensemble, con Lavina Guillari (flauti), Marco Ignoti (clarinetti), Giovanna Famulari (violoncello), Piero Agosti (contrabbasso) e Valentino Corvino che suona violino, viola, oud e cura anche gli arrangiamenti. Sarà un percorso fra storie e canti della spiritualità ebraica, con brani di diversa ispirazione, partendo dagli inni sacri ebraici della sinagoga per arrivare a quelli di tradizione tzigana. Ovadia sottolinea che "il canto culla la legge, è lo strumento principe della comunicazione interiore. E quando appariamo alla luce, uscendo dal ventre materno, ancora non vediamo non sentiamo, eppure già cantiamo".

Stefano Marchetti