Il primo contatto dell’ex ad di Kerakoll, Andrea Remotti, con Riccardo Ravera (già colonna dei Ros dei carabinieri e titolare di una agenzia investigativa) risale a inizio 2019 grazie a un amico in comune e sarebbe legato alla richiesta di un controllo su un alto dirigente della nota azienda sassolese accusato da una dipendente di molestie. Le tecniche utilizzate per il servizio investigativo? Remotti non ne sarebbe stato a conoscenza ma avrebbe richiesto successivamente, sempre a Ravera, anche un’attività di bonifica in azienda, temendo fossero state installate microspie e un monitoraggio in particolare nei confronti di Gian Luca Sghedoni che – ricordiamo – lasciò la multinazionale (che produce malte e collanti per l’edilizia), all’improvviso nel febbraio del 2019 per attriti con i fratelli. Non solo. Remotti (foto a destra) lascia intendere di essere rimasto turbato anche da altri fatti: due incendi negli stabilimenti, una presunta intrusione e l’incidente stradale ai danni del patron Romano Sghedoni. Fatti che riteneva sospetti e su cui fare luce. Affidandosi a un’agenzia investigativa avrebbe insomma voluto – questa la versione di Remotti – tutelare patron e azienda. Nell’interrogatorio fiume a cui è stato sottoposto, l’ex amministratore delegato di Kerakoll (incarico ricoperto fino al novembre 2022) si sarebbe difeso così dalle accuse che gli sono piombate addosso nell’ambito della vasta inchiesta sulla Spy Story Kerakoll: quella che lo vede indagato insieme agli attuali vertici dell’azienda, Emilia e Fabio Sghedoni – e ad un’altra ventina di persone – per aver commissionato, secondo le accuse, la registrazione di incontri aziendali in violazione di legge all’ex carabiniere Riccardo Ravera. Non uno qualunque, Ravera, ma colui che contribuì ad arrestare il super ricercato boss dei Corleonesi Totò Riina. Remotti, alla presenza del proprio avvocato Clemente Giorgio Grosso, avrebbe spiegato di aver ingaggiato gli investigatori per tutelare l’azienda ma anche se stesso: avrebbe deciso di farsi riprendere durante gli incontri aziendali per evitare di finire in un’eventuale lista di ‘sospettati’ in futuro, viste le ‘scosse di terremoto’ avvenute in azienda a seguito dell’uscita di Gian Luca e poi episodi quantomeno singolari. Nelle 14mila pagine di inchiesta si parla di numerosi incontri filmati: c’è ad esempio quello del marzo 2021, quando in concorso tra loro – secondo le accuse – Emilia Sghedoni, il fratello Fabio e Remotti chiesero di registrare la riunione al Green Lab Kerakoll tra il fondatore Romano, Maurizio Setti, presidente della Hellas Verona e altri; oppure quello del gennaio 2021 presso una sala dell’Hotel Mh di Piacenza con dirigenti della Mapei Spa, della Kerakoll e della Sika-Indes. Ebbene, alla base dello ‘spionaggio’, secondo l’indagato vi sarebbe stata una serie di motivazioni. Remotti si sarebbe dilungato sul contrasto tra i figli di Sghedoni sfociato nell’addio di Gian Luca. Poi avrebbe appunto elencato fatti che lo hanno messo in allarme. Remotti, davanti al pm, avrebbe fatto riferimento all’investimento di Romano Sghedoni mentre attraversava la strada nella zona del distretto ceramico. Poi avrebbe citato due roghi, l’incendio nello stabilimento di Rubiera a luglio 2021 con presunte anomalie nell’innesco e quello successivo nello stabilimento di Sassuolo con un allarme di intrusione registrato nelle 24 ore precedenti. Remotti avrebbe quindi sottolineato come mai, in 60 anni di storia dell’azienda, vi fossero stati eventi simili: da qui l’esigenza di verificare eventuali attività sospette con le attività di investigazione. Remotti avrebbe poi giustificato le registrazioni degli incontri con Maurizio Setti, spiegando di temere che potessero accedere alla struttura soggetti esterni non controllati.
Infine, l’ex ad avrebbe riferito che le attività di investigazione erano ‘concordate’ con Emilia e Fabio Sghedoni. Remotti avrebbe ammesso di aver chiesto a Ravera un’azione di bonifica in azienda, temendo che fossero state installate microspie.
E avrebbe anche ammesso l’attività di monitoraggio nei confronti di Gian Luca Sghedoni.