«L’accoglienza porta più guai che benefici»

Migration

Sindaco Greco, a Mirandola gli stranieri sono il 15% della popolazione. E’ un problema o fonte di ricchezza?

«Inizialmente crea problemi, ed è inutile negarlo. L’immigrato cerca lavoro, una casa e l’assistenza sanitaria. Spesso i Comuni non sono in grado di far fronte nemmeno alle richieste della popolazione autoctona, e quindi figuriamoci se possono soddisfare le esigenze dei tanti stranieri, che starebbero sicuramente meglio nei paesi d’origine, con le loro usanze, i loro affetti. Sarebbe la stessa cosa per noi italiani».

L’immigrazione non è mai una ricchezza, quindi?

«A mio parere no, perché si trascina sempre una serie di problematiche. Lo straniero, una volta integrato e con un lavoro, cercherà giustamente di fare domanda di ricongiungimento familiare, e una volta ottenuta non sempre riuscirà a trovare un alloggio più grande per sé e la famiglia, senza contare che con il suo solo stipendio dovrà sfamare più bocche e far fronte alle maggiori necessità dei figli. Servono decenni per completare il percorso da immigrato a persona ‘stanziale’. Oggigiorno, tuttavia, la manodopera straniera si adatta a svolgere lavori umili che nessuno vuol più fare Nel campo agricolo, in particolare, dove pakistani e indiani suppliscono alla carenza di manodopera italiana.

La gestione dell’ordine pubblico evidenzia criticità?

E’ assai noto che la persona in difficoltà, senza soldi e lavoro, può delinquere. Non intendo dire che immigrazione è uguale a delinquenza, ma è pur vero, e non possiamo negarlo, che l’immigrato ha più bisogni che cerca di soddisfare spesso in modo illecito. La cronaca che leggiamo sulla stampa ne è testimone».

Che voto dà alla Bassa modenese sul fronte dell’accoglienza?

«Ottimo, perché l’Area Nord non ha mai ghettizzato gli stranieri, ma fin dagli anni ’80 li ha sempre ospitati. Al contrario, sono loro a chiudersi. Le varie etnie rappresentate, cinesi, asiatici, magrebini… con i loro differenti credo religiosi e le loro abitudini alimentari tendono a vivere i luoghi in cui si trovano unicamente come spazi per lavorare, se regolarmente occupati».

Viviana Bruschi