«L’imprenditore? E’ come un pescatore»

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Robotica ed etica, Marx e San Francesco. Sono stati numerosi e coinvolgenti i temi toccati dal dibattito che, nei giorni scorsi, ha coinvolto una sessantina di imprenditori e il Vescovo di Modena Mons. Erio Castellucci, nell’ambito di un incontro organizzato dall’associazione Cna. «La responsabilità dell’Imprenditore» era il titolo della serata, un tema affrontato sotto diversi punti di vista: quello religioso, etico, ambientale, solo per fare alcuni esempi dei temi toccati dalla discussione. E il vescovo si è dimostrato preparato anche sui temi economici.

Monsignor Castellucci, qual è la sua immagine di imprenditore?

«Sarà una deformazione professionale, ma l’immagine a cui vorrei ricorrere per immaginare il lavoro dell’imprenditore è quella evangelica del pescatore. Un lavoro di squadra, perché tirare le reti, recuperarle, guidare la barca e ripulire tutto è, appunto, un’opera di relazione. E la barca simboleggia appunto la responsabilità: quella di dirigerla al largo, di non farla affondare, mentre la rete individua l’impresa, utile chi la usa, i lavoratori, e la loro famiglia. Mentre la sua dimensione locale è un valore aggiunto rispetto alle relazioni che attorno ad essa nascono e che sono un fattore di crescita della comunità».

Sembrano le quattro relazioni di natura biblica: la relazione con Dio, quella con se stessi, con gli altri e con l’ambiente

«Proprio per non venire meno a queste relazioni l’impresa non può impostare tutta la sua attività sul profitto, che è pure importante, perché serve alla sopravvivenza della stessa. L’impresa, infatti, attraverso il lavoro deve anche garantire la crescita umana. Anche Marx, del resto, criticava lo sfruttamento, che può arrivare ad essere disumanizzante».

Quali i rischi da evitare?

«Cadere nell’individualismo, che porta ad un capitalismo e consumismo sfrenati, e cedere troppo al collettivismo, che, al contrario, conduce a dimenticare l’individuo e a tradursi in una visione statalista della vita della comunità. Queste due impostazioni si configurano in regimi economico-politici che sono arrivati anche a scontri drammatici».

Come vede il rapporto tra ricchezza e povertà?

«Lo collego alla figura di San Francesco, che più che contro la ricchezza, era contro l’avarizia. Il ricco non è colui che ha, ma che usa il suo denaro per creare e favorire il lavoro, promuovendo la dignità della persona. Ed è una cosa molto diversa dall’elemosina».

Ci sono differenze tra imprenditori atei e cattolici?

«Non ci sono differenze nelle azioni ma nelle motivazioni: il credente rispetto a queste ultime fa riferimento al Vangelo, il non credente alla filantropia e alla propria coscienza. E tra questi due aspetti c’è molto terreno comune».

Come vede il rapporto tra responsabilità e sviluppo tecnologico?

«E’ un tema rispetto al quale sarebbe opportuno anche una riflessione sul rapporto tra studi tecnici ed umanistici, e comunque sarebbe una perdita per la civiltà se l’uomo venisse sostituito dai robot».

Quali responsabilità sono legate all’economia?

«Non c’è solo una responsabilità nel presente, ma anche una per il futuro. È il caso di quella ambientale, ma anche politica: alcune soluzioni, penso alle baby pensioni, in passato sono state prese forse senza prendere in considerazione con la necessaria attenzione ciò che queste scelte avrebbero determinato negli anni seguenti. Su queste questioni il mondo della politica, quello delle associazioni e la Chiesa stessa devono interrogarsi e stimolarsi, anche tirandosi per la giacca, se necessario, per arrivare a soluzioni che rispondano appunto alla responsabilità comune».

r. c.