«L’odissea per ritrovare Anna e Lydia»

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UNA STORIA d’amore che rappresenta la vera essenza dell’affido: la possibilità di prendersi cura di chi ha più bisogno senza ‘strappare’ le radici ma fornendo supporto e calore. Una storia che vede una famiglia ricongiungersi dopo anni di lontananza e silenzio. Al centro della vicenda due adolescenti ghanesi che oggi stanno valutando un delicato passo: assumere il cognome anche dei genitori affidatari non solo per porre fine ad una dolorosa burocrazia ma anche per ‘convalidare’ un legame ormai indissolubile.

A RACCONTARE la vicenda è Eugenia Bergamaschi, presidente di Confagricoltura Emilia Romagna. «Era il 2008 quando io e mio marito abbiamo deciso di diventare genitori affidatari e, poco dopo, ci hanno chiamato per un affido consensuale di due bimbe ghanesi. La mamma delle piccole – racconta – aveva problemi di salute, era seguita dai servizi sociali e non era in grado di occuparsi da sola delle sorelline. Anna e Lydia Acheampong restavano da noi tutta la settimana ma due pomeriggi tornavano a casa. Tra noi si è subito creato un legame fortissimo che ha continuato a crescere per cinque anni. La più piccola aveva anche un deficit cognitivo che con pazienza siamo riuscite a correggere: ora sono due studentesse modello e a settembre iniziano l’ultimo anno delle superiori».

Eugenia Bergamaschi spiega però come, nel 2013, il ‘sogno’ si sia interrotto bruscamente. «Ogni anno a giugno l’affido veniva prolungato per un altro anno ma, nell’estate del 2013, la mamma delle ragazze ha annunciato che sarebbe partita per una vacanza in Ghana. Non ha voluto rinnovare l’affido, dicendo che aveva bisogno di tornare a casa. Le ragazze hanno lasciato tutto da noi; ci siamo abbracciate con la promessa che presto sarebbero tornate. Ma non è stato così». Da quel momento per Eugenia e le ragazzine inizia una lunga separazione ‘forzata’. «Abbiamo contattato i servizi sociali: sapevamo che la mamma, nonostante fosse una brava persona, in Ghana non sarebbe riuscita a mantenere le ragazze e a garantire loro gli studi. I servizi hanno subito chiesto di passare dall’affido consensuale a quello giudiziale e il tribunale dei minorenni così ha disposto: ma le sorelline, intanto, erano sparite».

Bergamaschi spiega infatti come siano seguiti due lunghi e dolorosi anni di silenzio. «Il 18 agosto del 2013 ho salutato le bambine consapevole che quella non sarebbe stata una vacanza. Ma dentro di me, comunque, sentivo che nessuno avrebbe potuto separarci. All’improvviso, nell’ottobre 2015, è arrivata una telefonata: era la mamma di Anna e Lydia che mi chiedeva aiuto. Da quel momento siamo riusciti a rimetterci in contatto con le bambine... Ricordo ancora la prima telefonata: siamo scoppiate in lacrime. Per qualche tempo abbiamo inviato i soldi affinchè entrambe studiassero; ma volevano tornare in Italia, questa è la loro casa. Con l’aiuto del padre e di altri parenti che da tempo risiedono a Modena siamo riusciti a convincere la loro mamma che il loro futuro era qua». Nell’estate 2016 è iniziato l’iter per fare ottenere alle piccole i documenti necessari. «Ci siamo avvalsi di un legale esperto ma per ottenere i documenti necessari è trascorso un altro anno. Siamo riusciti a riabbracciarle soltanto il 7 aprile del 2017. Lo sentivo nel cuore che le avrei riviste e, quando ci siamo guardate negli occhi, non era cambiato nulla. Era come se, al posto di quattro anni, fossero trascorsi quattro minuti dall’ultimo abbraccio».

AD OGGI è ancora in vigore un provvedimento del tribunale dei minori che affida le ragazzine, oggi 19enni, ad Eugenia e al marito, che ne sono legalmente tutori. «Per fare autenticare i documenti in Ghana è stato un calvario e al loro rientro, per accelerare i tempi, è stato emesso un permesso di soggiorno per minori non accompagnati. Il documento è scaduto e lo scorso anno, dopo l’ennesima complicato iter, abbiamo ottenuto il rinnovo. Ora possono decidere se prendere il nostro cognome e con esso la cittadinanza italiana o continuare con i rinnovi. Ci stanno pensando ma il passo spetta a loro: noi le abbiamo sempre lasciate libere di scegliere. Sanno che nessuno vuole disconoscere la loro identità. E’ stata dura? Tanto, ma Anna e Lydia sono la nostra famiglia. L’affido, se fatto nel modo giusto, è un percorso difficile ma stupendo se ci credi e lo fai col cuore. Rifarei tutto? Assolutamente sì».