«La birra Ermes spopola nei locali di Londra»

Tre amici producono e vendono nella City un prodotto tutto modenese: «Sogniamo di commercializzarlo anche nella nostra città»

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di Valerio Gagliardelli

Nella birra ‘Ora’, che sta conquistando sempre più pub e ristoranti londinesi, c’è davvero tanto dna modenese. Nell’etichetta, visto che le prime due varianti sono state battezzate ‘Ermes’ e ‘Panaro’. Nel sapore, perché tra le sue varietà ce n’è anche una all’aceto balsamico. E nella sua carta d’identità: ‘Ora’, infatti, è nata e cresciuta sotto la Ghirlandina, così come i tre ragazzi che di fatto l’hanno ‘creata’, che la stanno producendo e commercializzando nel cuore della City.

Daniele Costa, lei fa parte del team fin dalle origini. Adesso vive in Inghilterra ma tutto è nato qui, diversi anni fa...

«Sì, i primi tentativi di ‘fare’ una birra tutta nostra risalgono a quando eravamo studenti a Modena. Eravamo tre amici, di 18-19 anni: ce la sbrigavamo in un garage di via Aosta 65 con delle pentole. E siamo gli stessi che 5 anni fa hanno dato il via a questa avventura, dopo diversi esperimenti e test ‘casalinghi’ che fino a quel momento erano comunque rimasti nella sfera degli hobby, perché tutti noi avevamo già un altro lavoro».

Poi cosa è successo?

«Io allora abitavo già a Londra, come oggi: mi ci ero trasferito per il mio lavoro, sono un consulente finanziario. Invece i miei due amici, Pietro Rubbianesi ed Emanuele Poletti, abitano uno a Modena e l’altro a Milano, ma siamo sempre rimasti in stretto contatto. Cinque anni fa, appunto, è nata l’idea di provare a proporre la nostra birra artigianale nella capitale britannica, che nel settore era davvero molto più avanti dell’Italia e che garantiva un potenziale mercato nettamente più grande e abituato a quel tipo di prodotto. Così abbiamo tentato, producendo inizialmente in un birrificio qui in Italia due varietà abbastanza classiche: una ‘pilsner’ chiara e una ‘pale ale’ più maltata, che agli inglesi solitamente piace molto. E le abbiamo portate a Londra...».

Nei nomi di quelle prime birre già erano presenti le vostre radici modenesi...

«Certo. La prima si chiama ‘Ermes’ ed è dedicata proprio all’omonima trattoria modenese: è un omaggio alla semplicità intramontabile dei suoi sapori. La seconda è la ‘Panaro’, e anche qui ci sono le nostre origini. Ma l’etichetta stessa è modenese fino al midollo, perché ‘Ora’ non è il sinonimo di ‘adesso’, ma è il termine che nel nostro dialetto indica l’ombra».

Quindi avete portato a Londra alcune casse e avete iniziato a promuovere la vostra birra. Ma come?

«Facendo la spola locale per locale, uno alla volta. Nello zaino avevo alcune bottiglie per farla assaggiare ai gestori e il feed-back è stato fin da subito molto positivo, tanto che alcuni hanno iniziato a ordinarne qualche cassa per proporla ai loro clienti. Poi è arrivata la chiamata del titolare di una bottega minuscola in cui ero stato, al quale ‘Ora’ era piaciuta molto. E all’improvviso ne ha ordinati due pallet, che corrispondono circa a un centinaio di casse, quindi poco meno di 300 litri: la quantità era dovuta al fatto che stava per aprire la sua nona birreria a Londra. Da lì è nato un bel passaparola. In città abbiamo iniziato a vendere il nostro prodotto anche ad alcuni ristoranti italiani, poi si è sparsa la voce».

In seguito avete sviluppato anche altre ricette, giusto?

«Sì, abbiamo deciso di portare alcuni nostri sapori, modenesi e italiani, nel mondo della birra. Così sono nate ‘Balsamic’, una birra con retrogusto di aceto balsamico che è già stata menzionata nel 2018 dalla Camra (prestigioca associazione britannica che cura una sorta di ‘Guida Michelin’ della birra, ndr) tra le 5 più innovative, e ‘Limoncello’, nella quale si sentono i limoni di Sorrento. Per farle usiamo materie prime originali. Inoltre, in collaborazione con altri birrifici inglesi, abbiamo creato una serie dedicata al gelato italiano: una birra al bacio con cioccolato e nocciole, una alla stracciatella con cioccolato e vaniglia, una al fiordilatte e così via. Ma visto il volume di affari che si stava sviluppando, abbiamo allargato il team a Simone Cristiano e a Matteo Foscoliano, e abbiamo spostato la produzione a Londra in un birrificio nella zona di Tottenham, dove al sabato pomeriggio si possono anche fare assaggi».

Idee per il futuro?

«Stiamo lavorando su una varietà ‘Italian grape ale’, un misto di fermentazione tra birra e vino, utilizzando uve del sud dell’Inghilterra. È uno stile nuovo che nella City ora va molto. Però stiamo rivolgendo lo sguardo anche all’Italia e a Modena: ci piacerebbe produrre e vendere il nostro prodotto anche nel nostro Paese e nella nostra città d’origine. Con qualche gestore di locali a Modena abbiamo già parlato, e stiamo dialogando con alcuni birrifici italiani per eventuali collaborazioni produttive».