"La cultura trovi un modo per non fermarsi"

Il regista Stefano Tè, anima del Teatro dei Venti: "Spettacoli per pochi intimi, pubblico al balcone: lasciamo spazio alla creatività"

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di Chiara Mastria

Spettacoli visibili dai balconi, appuntamenti per una famiglia alla volta, festival teatrali in spazi aperti "purché si riparta. Ne abbiamo bisogno, cosa stiamo aspettando?". L’appello è di Stefano Tè, regista e anima del Teatro dei Venti. In questi due mesi lui e il suo gruppo di lavoro non hanno smesso di pensare un attimo e le proposte per una rinascita nel nome della cultura sono tante, tutte in linea con le nuove regole e normative che scandiscono questa epoca segnata dal Covid-19.

Tè, partiamo dal festival Trasparenze che doveva svolgersi dal 5 al 10 maggio ed è stato rimandato.

"Stiamo valutando l’ipotesi di lavorare su Gombola, una frazione di Polinago. L’idea è proporre ad agosto dieci giorni di festival con due o tre spettacoli al giorno, a ingresso limitato su prenotazione, solo all’aperto. Il borgo di Gombola si presta bene perché la piazzetta centrale ha solo un accesso, per cui sarebbe facile controllare gli ingressi. Stiamo anche pensando di coinvolgere degli artisti per dipingere un percorso a terra che possa guidare i visitatori in sicurezza, una installazione pittorica che segni tutta la strada fino alla piazza del paese".

Su Gombola avete investito prendendo in gestione anche l’Ostello Podesteria, che doveva diventare luogo di residenze artistiche. Come verrà portato avanti il progetto?

"Dal primo giugno sarà possibile prenotare il proprio soggiorno, prenotazioni che verranno confermate solo se ci saranno le autorizzazioni necessarie. Non so se quest’anno riusciremo a proporre residenze artistiche, ma non mancheranno percorsi culturali per i visitatori: per noi il teatro è sempre stato prima di tutto un mezzo per costruire relazioni".

Per quanto riguarda Modena invece?

"Le idee sono tante, tutte partono dal presupposto che negli anni abbiamo sviluppato competenze sul fare teatro in luoghi non convenzionali (come Rsa, scuole, il carcere, centri commerciali) con un pubblico non abituato ad andare a teatro. Ora che i luoghi teatrali sono gli ultimi utilizzabili, stiamo pensando a come mettere in campo la nostra capacità di relazionarci con persone e spazi non convenzionali. Tra le idee ci sono spettacoli nei giardini dei palazzi, con il pubblico al balcone. Ci piacerebbe invitare gli spettatori a scendere per parate dove la distanza da tenere, con una coreografia studiata apposta, diventerebbe bellezza. E ancora, appuntamenti in centro storico una famiglia alla volta: un attore li accoglierebbe e li accompagnerebbe lungo un percorso che racconta storie sulla città e il centro".

Quando potrebbe succedere tutto questo?

"Speriamo non più tardi di fine giugno, ma li sperimenteremo qua e là anche prima. La prossima settimana abbiamo in programma un flashmob nel nostro quartiere (San Giovanni Bosco, dove si trova la sede del Teatro dei Venti). Vediamo la città impaurita, che si muove sul filo: deve essere così, ma è nostro compito di artisti tornare a regalare bellezza e poesia attraverso piccole finestre sperimentali".

Quanto è alto il costo di questi mesi di stop forzato?

"In questi mesi stiamo usando come boa di salvataggio quello che abbiamo seminato negli anni: una gestione dell’economia molto prudente che ci permette di sopravvivere. Però abbiamo perso oltre venti date dello spettacolo Moby Dick (ne resta confermata solo una, il 5 settembre a Sarajevo), siamo tutti in cassa integrazione. Abbiamo autonomia fino a fine agosto, oltre sarà dura. Ma non vogliamo sostegni a fondo perduto: vogliamo ricominciare a lavorare, perché c’è bisogno di cultura. Noi possiamo anche resistere, ma il danno che questo gelo crea alla comunità è incredibile. Serve il calore culturale che è mancato in questi mesi e, rispettando le regole e le normative, potremmo fare già tante cose. Dovremmo riscoprire un po’ dell’animo anarchico degli artisti e ripartire, anche se con piccole cose. Cosa stiamo aspettando?".