JACOPO GOZZI
Cronaca

La denuncia di un’insegnante: "Passare di ruolo è un’odissea. E la burocrazia è soffocante"

Dopo una carriera all’estero, Maria Mattioli, prof di italiano, storia e geografia, è tornata a Modena: "Mi sono iscritta al concorso ma ho perso più tempo per la formalità tecniche che per i contenuti"

Alunni sui banchi di scuola (foto d'archivio)

Alunni sui banchi di scuola (foto d'archivio)

Modena, 11 febbraio 2025 – Per chi decide di intraprendere la carriera di insegnante in Italia oggi, in molti casi la strada per passare di ruolo si trasforma in un’odissea fatta di supplenze brevi e spezzettate, titoli aggiuntivi richiesti e lunghe burocrazie. Una situazione che non colpisce soltanto i neolaureati, ma anche chi, dopo una serie di esperienze professionali, decide di approdare nel sistema scolastico italiano.

È il caso di Maria Mattioli, docente di italiano, storia, geografia e latino che, dopo anni trascorsi insegnando in scuole italiane e internazionali ad Atene e una carriera nel mondo dell’editoria, è tornata a lavorare a Modena. Dopo aver affrontato le procedure concorsuali, Maria si dice delusa e amareggiata, ma racconta la sua storia con ironia. "Mi sono iscritta al concorso per insegnare alle superiori lo scorso anno – racconta la docente – e quando ho fatto la domanda, a un certo punto, nel menù a tendina che richiede di inserire gli anni di insegnamento effettuati, si poteva selezionare soltanto ‘Comune italiano’, ma non c’era la possibilità di cliccare, come nel mio caso, su ‘scuola estera’. A questo punto, ho telefonato al sindacato che mi ha dirottato all’Ufficio scolastico regionale. Ho perso mezza giornata al telefono e alla fine mi è stato detto: ’Signora, sa, il Ministero l’ha concepita così: lei deve andare su ‘Comuni italiani’ e selezionare ‘Comune estero’. Non sapevo che Atene fosse una colonia italiana".

"Per poter svolgere il concorso – prosegue la docente – dopo aver frequentato i 24 crediti formativi obbligatori a pagamento presso un’università privata, mi sono dovuta recare a Trieste, dove in tre giorni, tra viaggio, vitto e alloggio, ho speso più di seicento euro. Alla fine è andata male. Il fatto che mi ha amareggiato è che non mi è stata fatta alcuna domanda di latino, una delle materie che avrei dovuto insegnare, ma l’interrogazione per verificare il B2 di inglese è stata molto approfondita".

Alla luce di quest’esperienza, Maria decide di dedicarsi alle supplenze brevi, e nonostante fosse già iscritta, non tenta il concorso per la scuola secondaria di primo grado.

"Un bel giorno – prosegue la professoressa – ho ricevuto comunque per e-mail la traccia della lezione che avrei dovuto organizzare per il giorno successivo in vista del concorso al quale, ormai, non partecipavo più. La richiesta era di organizzare una lezione dal titolo ’Il racconto di formazione nella letteratura del Novecento’ in una terza media di periferia, e già questa specificazione mi lascia perplessa: perché una terza media di periferia o di provincia dovrebbe essere così diversa da una di città? In ogni caso, la classe era composta da 28 ragazzi, tra cui sei con bisogni educativi speciali, citando letteralmente: ’un alunno con ritardo medio, due alunni con disturbi specifici dell’apprendimento-dislessia, due alunni con svantaggio socio-culturale-linguistico, un alunno Nai, ovvero neo-arrivato in Italia e non alfabetizzato".

"Nella classe – sottolinea Mattioli – ovviamente, non era previsto alcun docente di sostegno. Pertanto, è evidente che il Ministero si aspetti che gli insegnanti facciano miracoli. Come si può anche solo immaginare di organizzare un’unica lezione su un argomento così complesso includendo tutti i ragazzi in una classe con queste caratteristiche? La cosa straordinaria è che poi, quando ho iniziato a fare supplenze, ho trovato realmente il contesto classe proposto nella traccia del concorso: situazioni che, senza il supporto di uno o più insegnanti di sostegno, diventano insostenibili".

La docente denuncia il fatto che il Ministero ignori le difficoltà quotidiane vissute da molti docenti. "Quello che mi stupisce – commenta Mattioli – è che non vi sia nessuna presa di posizione critica da parte del Ministero e si normalizzino, persino in un concorso, situazioni che, per qualsiasi docente, sono semplicemente ingestibili. Un altro aspetto che mi ha lasciato perplessa è che, in vista del concorso, le eventuali pubblicazioni o altre esperienze professionali, non vengano prese in considerazione: ho diverse pubblicazioni all’attivo, anche relative alle mie materie, ma per insegnare nella scuola italiana sembra che non abbiano valore".

Come altri docenti nella sua situazione, anche Maria Mattioli denuncia ritardi nei pagamenti.

"Ho finito una supplenza di tre settimane il 20 dicembre – conclude la professoressa – e ad oggi, non ho ancora ricevuto un euro".