
La terra continua a muoversi, altri danni. De Pascale ’chiama’ Roma. Braglia: "Diamo speranze a questi cittadini"
Modena, 22 maggio 2025 – Torna nella nostra provincia un acronimo che purtroppo in tanti nella Bassa terremotata hanno conosciuto. Torna, ma a ben altre altitudini, il Cas (Contributo di autonoma sistemazione), a dimostrazione che i danni provocati dalla frana di Boccassuolo (frazione di Palagano, in Appennino) possono essere assimilati proprio a quelli di un sisma. A ’portarcelo’ fino a Boccassuolo, il contributo, è la Regione: la visita di ieri del governatore de Pascale aveva in dote l’annuncio che per le persone che hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni a seguito dell’enorme movimento di terra arriverà il sostegno economico. Finora, o meglio a ieri, tre i nuclei familiari residenti evacuati, con otto persone, mentre sono stati allontanati 10 nuclei non residenti (seconde case), per un totale di circa 20 persone. Ma la questione qui è a tal punto emergenziale che le istituzioni territoriali, Regione compresa, non possono bastare. "Lo stato di emergenza nazionale" d’altronde è un concetto che il sindaco di Palagano Fabio Braglia e de Pascale ieri hanno pronunciato a più riprese. La richiesta da Palagano a Roma, passando per la Regione, è già stata inviata, si attende la risposta, dalla quale, lascia intendere de Pascale, dipende molto del prossimo futuro di Boccassuolo e della gente di una vallata ferita.
"Avevo visto foto ed immagini prese dai droni, ma – riconosce de Pascale – vederla di persona ha tutt’altro impatto. Un danno enorme. Ci sono stati interventi tempestivi da Comune, Provincia e Regione. Ora c’è il contributo di autonoma sistemazione, ma speriamo che la dichiarazione di emergenza nazionale possa essere accolta. Questo – sottolinea il governato dell’Emilia Romagna – per attingere a risorse nazionali". Perché al netto dell’enorme impatto visivo, la frana non aspetta i lumen dei riflettori mediatici: in questi giorni ha continuato a muoversi, "e a fare danni", assicura il sindaco Braglia. Non solo, la frana, riporta de Pascale citando dati dell’Università, "va in profondità di trenta o quaranta metri". Servono risorse, sostegno per affrontare una cosa del genere, per, utilizziamo di nuovo le parole del sindaco, "dare ai nostri cittadini la speranza di avere almeno il collegamento verso il capoluogo. E la possibilità di vivere una vita normale". Serviranno contestualmente più interventi, una volta che la terrà avrà smesso di muoversi (l’ultimo chilometro della frana prosegue verso valle con una velocità compresa fra 3 e 6 metri al giorno). Così de Pascale: "Prima andrà garantita una viabilità provvisoria, poi bisognerà capire come gestire l’enorme quantità di sedimenti, ma bisogna anche verificare se a monte – dove la frana è partita, ovvero dal monte Cantiere – ci siano ancora problemi e di che tipo". Nel frattempo, assicura la Regione, la situazione in costante evoluzione viene monitorata 24 ore al giorno e in particolare attualmente si presta attenzione a ciò che sta accadendo più a vale, nel torrente Dragone. L’alveo è minacciato dal movimento franoso che rischia di creare una diga naturale sul corso d’acqua. L’obiettivo è garantire il naturale deflusso delle acque, contrastando l’avanzare della colata.
Non sarà facile, come niente di questa emergenza appare in questo momento facile da affrontare. Men che meno se effettivamente da Roma non dovessero arrivare in tempi rapidi le risposte che l’Appennino attende. Ma ci sono tre chilometri e mezzo di motivi, pietre e fango per sperare che la richiesta di riconoscimento dello stato di emergenza nazionale venga accolto quanto prima.
r.m.