«La lingua italiana chiave per l’integrazione»

Mirandola, una trentina di donne straniere a lezione di grammatica e conversazione: «Le nostre insegnanti sono come una famiglia»

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A lezione di lingua italiana. Il martedì e giovedì, dalle 9 alle 10.30. Un processo di indipendenza e conoscenza, integrazione e cultura che le donne magrebine hanno deciso di intraprendere dopo un lungo passato di dipendenza dai propri mariti. Una trentina di donne, due volte a settimana, a Mirandola e Gavello, vanno a scuola di grammatica e conversazione italiana. Promossi da ‘Donne in Centro’ con il contributo di Avis, i corsi si svolgono nei locali di via Fulvia de ‘La Scuola del Portico’, e nella frazione. «Vogliamo integrarci e conversare con la gente del posto, capire maestri e professori durante i colloqui scolastici», raccontano le ‘studentesse’ con libri e quaderni aperti sulla lezione del giorno. Stanche di dipendere dai propri mariti Rachma, Haicha, Souad, Soukaina… hanno deciso di tornare a scuola.

«È bello poter capire e farsi capire; entrare in un negozio di vicinato anziché in un supermercato dove non serve parlare; provare la ricetta di un dolce, parlare con i nostri bambini, che sanno meglio l’italiano dell’arabo». Ai corsi, tuttavia, le etnie sono tante. C’è anche Giorgia, moldava. «Faccio la badante, sapere la lingua mi permette di capire bene le esigenze della mia assistita». Michael arriva dal Brasile, ospite di una amica mirandolese. «Il mio sogno – racconta – è di andare a vivere in Toscana, la regione più bella d’Italia». Un sogno, il suo, che le insegnanti dei corsi, per lo più docenti in pensione, cercano di realizzare. «Non importa se sbagli il verbo e l’accento, l’importante è parlare, poi arriveranno i progressi; alla base dell’apprendimento – spiegano le docenti – c’è una forte motivazione». E le ‘studentesse’, magrebine in primis, di motivazioni ne hanno da vendere. Come Soud, 43 anni, da quindici in Italia. Per seguire il marito ha lasciato Casablanca, dove era iscritta alla facoltà di Lettere. «La nostra bambina va a scuola e vorrei poterle stare più vicino, leggere con lei i testi scolastici». Haicha è di Agadir, è berbera e spiega con le sue parole di non essere «andata a scuola nemmeno in Marocco. Ma i miei 4 bimbi – precisa – parlano benissimo l’italiano, io e mio marito a malapena, e i nostri figli ci sgridano, ci spronano», dichiara divertita. «Ero stanca di usare il traduttore automatico, oggi mi sento più autonoma e sono contenta di poter entrare nei negozi da sola. Le nostre insegnanti sono molto brave. Siamo come una famiglia», dice soddisfatta Soukaina.

Viviana Bruschi