La scuola costruisce la comunità

Migration

Giovanni

Boschini*

La chiesa in Italia cerca di essere compagna di strada delle persone, tanto più ora che è impegnata nell’ascolto sinodale, leggendo necessità e sostenendo risposte su temi come la condizione dei minori non italiani. Pensare al riconoscimento della cittadinanza significa promuovere l’integrazione anche legale dei ragazzi nella fase della loro vita in cui la socialità e le attività formative sono più significative. La nostra legislazione difende già le condizioni di vita dei bambini stranieri sulla base dei diritti personali, perché la dignità della persona precede il godimento di diritti. Però integrare come cittadini i bambini significa aumentare il livello delle garanzie e valorizzare la progettualità educativa della famiglia. I bambini non si spostano da soli; la migrazione ha una portata familiare. L’attenzione politica ai bambini diventa quindi anche valorizzazione ed integrazione del loro cammino educativo. Papa Francesco ama ricordare che per educare un ragazzo ci vuole un intero villaggio. Qui emerge l’aspetto più interessante: il riconoscimento della cittadinanza dovrà avvenire a partire dalla vita scolastica. Nell’attuale crisi dei corpi sociali intermedi, la scuola è una delle poche realtà che mantiene la capacità di costruzione della comunità. Agganciare la cittadinanza alla partecipazione scolastica significa lasciare intendere che questo diritto della persona deve costruirsi a partire da una dimensione più profonda: un’esperienza culturale, di costume e di struttura comunitaria come la scuola. In essa le interazioni educative con gli adulti, docenti e genitori, la condivisione culturale e sociale con i coetanei, le regole, i compiti, le attività, iniziano alla vita di una società dove tutti siano membri attivi e responsabili, ciascuno del benessere dell’altro, generosi nell’assicurare apporti originali, con partecipazione ai medesimi diritti e doveri.

*Direttore Istituto "Sacro Cuore"