di Tommaso Papa
La nostra scrittura rivela quello che i test attitudinali e i curriculum non dicono, il nostro lato segreto: lo stanno scoprendo sempre di più le aziende maggiormente evolute, i ‘cacciatori di teste’ chiamati a reclutare i manager, gli stessi professionisti quando vogliono offrire le loro soft skill a potenziali datori di lavoro. Ma per leggerla, la scrittura, servono veri esperti. E criteri scientifici sperimentati. Patrizia Giachin, modenese, con alle spalle studi all’istituto d’arte e una passione per la grafologia, può essere grossolanamente definita una ‘grafologa aziendale’, perché dà consigli e consulenze a imprenditori o responsabili del personale sul reclutamento del capitale umano o nella scelta dei quadri ai vari livelli.
"Forse ero già grafologa da bambina – racconta – ma la mia folgorazione è avvenuta mentre passeggiavo per Bologna e con la coda dell’occhio ho letto un cartello che parlava di una scuola di grafologia. Così sono diventata una grafologa ’morettiana’". Per capirci, il francescano Girolamo Moretti (1879-1963) è considerato un ‘padre’ della grafologia italiana e i suoi lavori sono applicati alla criminalistica, all’orientamento agli studi, alla pedagogia, oltre che alla selezione del personale. "E ultimamente anche alla diagnostica – spiega la dottoressa Giachin – perché il segno grafico può anticipare la diagnosi di patologie gravi come l’Alzheimer".
Per molti anni la professionista ha lavorato nei tribunali (nel 2009 è diventata Ctu, consulente tecnica d’ufficio) ma più di recente a lei si è indirizzato il mondo dell’imprenditoria. "Rivolgersi a un grafologo capitava anche in passato ma con il lock down le richieste si sono moltiplicate – racconta Giachin –. Meno incontri in presenza, tutto che avviene on line, quindi servono anche le nostre tecniche".
Le tecniche, appunto, a cosa servono e come funzionano? Alle aziende interessa gestire lo scouting, il reclutamento; poi costruire piani di crescita, o il collocamento del personale nella giusta mansione. E l’indagine è in gran parte mirata alle posizioni apicali e ai quadri dirigenti. Ma quali risposte può dare il grafologo? "La nostra analisi distingue i tipi di intelligenza, l’affidabilità, l’onestà nel senso dell’etica lavorativa, la resistenza allo stress, la propensione al cambiamento – prosegue l’esperta – e vorrei sfatare un luogo comune: non è detto che una bella grafia sia meglio di una brutta. Un segno disordinato può anche essere indice di creatività. Una grafia perfetta magari nasconde la tentazione di copiare sempre da un modello, di pensare ‘ a pappagallo’".
Quindi in qualunque nostro appunto ci sono tutti i nostri pregi, ma anche i difetti? "Chiamiamole aree di miglioramento, non sempre quello che sembra un difetto lo è davvero".
Dal suo studio di Campogallliano, alle porte di Modena, Patrizia Giachin risponde alle richieste provenienti da aziende un po’ di tutto il Nord Italia: fornisce quello che tecnicamente è definito un ‘profilo psicoattitudinale innato’. E glielo chiedono dal piccolo imprenditore alla grande multinazionale. I committenti non possono essere rivelati ma la professionista raconta qualche curiosità senza rivelare nomi: "Ricordo il caso di un’azienda lombarda che lavorava con i brevetti: in quel caso l’interesse era concentrato sull’onestà del candidato dirigente. Lo stesso discorso vale per le società no-profit, che spesso si rivolgono a noi grafologi per le stesse esigenze di trasparenza e coerenza dei loro responsabili e dipendenti. Quanto ai settori di mercato, direi che la domanda di consulenze è trasversale, più o meno riguarda tutti".
E – fenomeno in via d’emersione – è anche bidirezionale, conferma l’esperta. La Giachin collabora con un paio di società per la ricerca del personale (in gergo li chiamano ‘ cacciatori di teste’) che al curriculum dei candidati affiancano, per arricchirlo, una scheda con l’analisi grafologica.
C’è un solo comparto che non ha mai chiesto ‘referenze’ di questo tipo, ed è il settore pubblico: conferma la grafologa. Un caso, una svista, o qualcos’altro?