"Leucemia, farmaco per cura sclerosi multipla può funzionare". Lo studio Unimore

La ricerca coordinata dall'endocrinologo Francesco Poti apre future opportunità terapeutiche: "Ecco come siamo arrivati a questi risultati"

Un laboratorio di farmacologia (Archivio)

Un laboratorio di farmacologia (Archivio)

Modena, 7 novembre 2019 - Dagli studi sull'aterosclerosi un'importante novità per la cura delle leucemia. Mondi diversi, risultati inattesi. E’ una scoperta importante quella targata Unimore, i cui endocrinologi hanno evidenziato, per la prima volta, il ruolo del recettore S1P3 della sfingosina 1-fosfato (S1P) nello sviluppo di alcune forme di leucemia mieloide acuta. Coordinata dall’endocrinologo Francesco Potì, la ricerca, pubblicata su Leukemia, è il risultato di una ricerca lunga più di cinque anni, condotta nel Laboratorio di Endocrinologia Molecolare del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze di Unimore, diretto da Manuela Simoni. Lo studio ha aperto la strada a future opportunità terapeutiche: il trattamento con fingolimod, un farmaco attualmente in uso per la sclerosi multipla, capace di agire anche sul recettore S1P3, è stato in grado di migliorare significativamente il quadro patologico, normalizzando le alterazioni indotte nei topi della ricerca. “Ho iniziato ad occuparmi dei recettori di S1P molti anni fa qui a Modena, grazie al progetto FIirb-Ideas di cui la professoressa Simoni era responsabile – racconta Potì -. S1P è un componente delle Hdl, le lipoproteine note come “colesterolo buono”. Il progetto iniziale mirava a studiarne il ruolo nelle malattie cardiovascolari, aterosclerosi in particolare, utilizzando topi transgenici. In modo inatteso, come spesso capita nella ricerca di base, alcuni topi sviluppati ad hoc per essere protetti contro l’aterosclerosi hanno invece mostrato caratteristiche particolarmente rilevanti dal punto di vista ematologico”.

Da qui l’idea di indirizzare una parte delle ricerche verso un ambito inatteso per gli endocrinologi modenesi, coinvolgendo anche tre centri universitari esteri specializzati nell’ematologia clinica e sperimentale quali Friburgo, Heidelberg e Rotterdam. Insomma, Germania e Olanda.

“Questo risultato è veramente la dimostrazione delle sorprese che può riservare una ricerca di base ben condotta – commenta Simoni -. Abbiamo iniziato un progetto in ambito metabolico e ci siamo ritrovati un modello sperimentale rilevante per la leucemia umana. Mi auguro che risultati come questo favoriscano le collaborazioni interdisciplinari e facciano capire a tutti l’enorme rilevanza della ricerca di base, oggi piuttosto negletta dai principali enti finanziatori della ricerca”.  

La Ricerca

S1P3 è un recettore espresso da molte cellule del nostro organismo e funziona da “sensore” per la molecola S1P. I topi oggetto della ricerca sono stati ingegnerizzati in modo da amplificare questo segnale in alcune cellule del sangue e del sistema immunitario, mostrando caratteristiche patologiche molto simili a quelle di una leucemia umana. Una lunga serie di esperimenti effettuati in laboratorio ha confermato questa ipotesi.

Un fattore estremamente interessante è emerso dalle analisi genetiche di circa 400 pazienti con diagnosi di leucemia mieloide acuta (Aml). In tale popolazione, infatti, si è riusciti a dimostrare per la prima volta una correlazione molto forte tra l’espressione di S1P3 e l’Aml nell’uomo.

Lo studio ha aperto la strada a future opportunità terapeutiche: il trattamento con fingolimod, un farmaco attualmente in uso per la sclerosi multipla, capace di agire anche sul recettore S1P3, è stato in grado di migliorare significativamente il quadro patologico, normalizzando le alterazioni indotte nei topi dello studio.