Linfomi, 100 nuovi casi l’anno: "Una rete per sperimentare terapie efficaci e innovative"

L’ematologo Mario Luppi: "Importante anche l’approccio multidisciplinare"

Sono oltre 750 i pazienti con linfoma seguiti dall’Unità Operativa Complessa di Ematologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, diretta da Mario Luppi. Questo quando le diagnosi si attestano attorno ai 100 nuovi pazienti all’anno. "La diagnosi di un linfoma – spiega Luppi – avviene grazie alla valutazione multidisciplinare di una biopsia del tessuto linfomatoso, spesso un linfonodo, da parte dei colleghi che operano nel Dipartimento di Medicina di Laboratorio e Anatomia Patologica diretto da Tommaso Trenti, in cui la diagnosi istopatologica coordinata da Albino Eccher si integra con una serie di valutazioni molecolari che permettono di precisare la diagnosi in modo moderno e quindi orientare la scelta della terapia più appropriata e anche formulando la prognosi più precisa possibile, sia alla diagnosi che nei casi di successiva ricaduta".

La multidisciplinarità gioca un ruolo chiave anche nell’importante utilizzo di programmi specifici di Radioterapia nella cura di alcuni tipi di linfomi non Hodgkin, come quelli primitivamente comparsi e confinati, e nel linfoma di Hodgkin, nelle presentazioni di malattia localizzate. Durante il programma terapeutico e al termine delle cure, in tempi rigorosamente standardizzati e appropriati, è possibile assicurare una sorveglianza della risposta, dell’efficacia delle cure e dello stato di remissione della malattia, utilizzando sia tecnologie avanzate di Radiologia che di Medicina Nucleare.

"La ricerca clinica – prosegue Luppi – ha un ruolo da protagonista e il centro di Modena è in rete con quelli più all’avanguardia della nostra Regione e del Paese per le sperimentazioni delle terapie per i linfomi, così da garantire l’offerta dei percorsi più adeguati di cura a chi afferisce nella nostra Azienda Ospedaliero-Universitaria".

L’esordio e la ricaduta della malattia linfomatosa e le cure possono essere gravate da un alto carico di sofferenza, di sintomi fisici come il dolore, e psicologici, anche legati alla incertezza della prognosi di malattia ed alle possibili tossicità. "Per questo – conclude Luppi – dobbiamo assicurare sempre una stretta integrazione tra le più adeguate e innovative terapie ematologiche, e una presa in carico globale dei bisogni dei pazienti e caregivers nel Dipartimento di Oncologia ed Ematologia sia con l’offerta di interventi di cure palliative precoci emato-oncologiche".

r.m.