Lo ‘sciamano’ e il pentito "Insieme tra donne e coca"

Hermes Ferrari, il ristoratore che manifestò a Roma contro il lockdown, nel processo sulla ’ndrangheta parla dei suoi rapporti con Antonio Valerio

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Una vita spericolata e piena di guai, avrebbe detto Vasco Rossi. Sopra le righe: comprese, per un periodo, quelle di cocaina, durante notti all’insegna della trasgressione. Lo racconta, non senza qualche imbarazzo, lui stesso, Hermes Ferrari: il 51enne di Scandiano, titolare di locali tra il distretto ceramico e Modena, è stato chiamato ieri in tribunale a testimoniare nel processo di ‘ndrangheta ‘Grimilde’. Non indossava il cappello con pelliccia e corna, che lo rese famoso in tutt’Italia come ‘Sciamano’, quando, davanti a Montecitorio, manifestò contro il lockdown dei commercianti, riproponendo la stessa mise di Jake Angeli durante l’assalto al Congresso degli Stati Uniti. Ma, nonostante l’abito sobrio, Ferrari è riuscito a dare ancora una volta spettacolo, raccontando le notti tra donne e droga, in compagnia di Antonio Valerio, ex ‘ndranghetista diventato collaboratore di giustizia. A citare Ferrari come testimone è l’avvocato Carmine Curatolo, difensore di Paolo Grande Aracri di Brescello, imputato in ‘Grimilde’ per associazione mafiosa.

Nel processo ‘Aemilia’ Valerio aveva raccontato di una questione di soldi in ballo tra Ferrari e alcuni cutresi. Una versione che Ferrari, rispondendo al pm della Dda Beatrice Ronchi, smentisce: "Non ho mai chiesto aiuto a Valerio per assegni che mi dovevano essere restituiti". Nell’aprile 2014, entrambi furono arrestati a Pistoia per una tentata estorsione, per la quale Ferrari patteggiò. "Lo conobbi tre-quattro mesi prima. In tutto l’ho visto una decina di volte. Un anno prima del suo arresto in ‘Aemilia’ (nel gennaio 2015, ndr) lui voleva entrare in società con me nel centro benessere che presi nel 2013 con altri due ragazzi. Ma io gli dissi di no, anche se aveva offerto molti soldi. Mi aveva messo nei casini a Pistoia, e io gli dissi che non volevo più saperne". Prende le distanze: "Pure io ho precedenti per lesioni: è una cosa caratteriale, però a volte le ho anche prese e ho anche provato a farmi curare. Ma io ho sempre usato le mani, mai le armi". Nega la ricostruzione dei fatti avvenuti dentro un bar di via Samoggia. "Non gli ho mai chiesto di recuperare assegni. Ero protestato e non potevo neppure averne. Su di me Valerio ha detto tante cattiverie. Una sera lui e il suo parente Francesco Formentini in quel locale discussero per assegni, ma io non c’entravo. E non mi ricordo di questo ragazzo", dice riferendosi a Paolo Grande Aracri. Poi l’avvocato Curatolo gli chiede quante volta avesse consumato droga: "Tutte le volte che uscivo con Valerio: un po’ tante... Prima andavo dai pusher extracomunitari, poi Formentini mi disse che suo zio ce l’aveva buona. Allora costava 100 euro al grammo. Per questo vizio i soldi li ho sempre messi".

Alessandra Codeluppi