PAOLO TOMASSONE
Cronaca

Lo stilista Messori "Il presidente del Niger è un amico e un cliente Sono in ansia per lui"

La sartoria sassolese conta diversi punti vendita nel Paese e in Africa "Sarei dovuto partire tre giorni dopo il colpo di Stato. Quello che sta succedendo mette a rischio i nostri investimenti".

Lo stilista Messori   "Il presidente del Niger  è un amico e un cliente  Sono in ansia per lui"

Lo stilista Messori "Il presidente del Niger è un amico e un cliente Sono in ansia per lui"

di Paolo Tomassone

Durante l’ultimo incontro due mesi fa "abbiamo parlato a lungo del Paese, della difficoltà e della fatica a realizzare politiche di sviluppo, ma anche degli evidenti miglioramenti registrati negli ultimi tempi a seguito delle riforme avviate in Niger". A seguito del golpe contro il presidente in carica Mohamed Bazoum "non solo il Niger e il Sahel, ma tutta l’Africa rischia di tornare indietro di cinquant’anni" e questo "dovrebbe preoccupare non solo gli africani ma anche gli europei e gli italiani, a partire dagli imprenditori che in quel continente investono da parecchio tempo". Ne è convinto Gianmarco Messori, titolare della Sartoria Messori con sede a Sassuolo, che dal 2012 ha stretto un legame molto forte con diversi presidenti africani - che "apprezzano il ‘made in Italy’ e la moda italiana in particolare" - e ha aperto diversi punti vendita. Lo stilista modenese sta vivendo ore di apprensione per l’amico Bazoum ed è in constante contatto con il figlio.

Messori, qual è stata la sua reazione alla notizia del tentativo di destituire il presidente?

"Sono molto preoccupato. Bazoum è un amico prima ancora che un cliente. Sarei dovuto andare in Niger tre giorni dopo il colpo di stato e durante quel viaggio, come tutte le volte, ci saremmo incontrati. Il volo ovviamente è stato annullato".

Lei che lo conosce bene ci può dire chi è Bazoum?

"Una persona meravigliosa, molto colto, ha studiato filosofia. Non è mai superficiale nei suoi ragionamenti e lo si comprende anche dai dialoghi sempre di grande spessore che lui ha con gli altri, sia nell’attività politica sia nelle relazioni personali. Dopo il colpo di stato in Mali e la deposizione del presidente Ibrahim Boubacar Keita, Bazoum è rimasto l’unico presidente a dialogare con l’Europa. Quanto avvenuto in questi giorni è una tragedia nella tragedia".

In che senso?

"La situazione è molto difficile e in evoluzione anche in queste ore. Vedremo quello se si riuscirà a fare per risolvere la crisi in Niger che giunge in un momento particolarmente complesso per il Sahel. Se l’Europa smette di dialogare con l’unico paese del Sahel col quale era in corso un’interlocuzione, la situazione può farsi molto pericolosa. Al confine con il Niger c’è la Nigeria, sconvolta dall’organizzazione terroristica jihadista Boko Haram, e poco distante dalla Libia e quindi dall’Europa. L’Ecowas (la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, ndr.), l’Unione europea e gli Usa devono far di tutto pre ripristinare un governo democraticamente eletto".

Le relazioni con l’Africa sono a rischio?

"Quest’ultimo golpe, oltre agli altri avvenuti in altri paesi africani, stanno rovinando l’immagine di tutta l’Africa. Se non riescono a intervenire e a reinsediare Bazoum rischia di passare il messaggio che in Africa è possibile in ogni momento far decadere un governo con l’intervento militare. E questo ha degli effetti devastanti per chi vuole investire in quel continente. Stanno rischiando davvero di far tornare indietro l’Africa di cinquant’anni".

Perché è importante sostenere il Niger?

"Il Niger è un paese strategico. Prima di tutto per la sua ricchezza diplomatica: è rimasto l’unico paese a dialogare con l’Europa. Da poco hanno trovato delle miniere d’oro e alcune riserve di petrolio, tanto che dal 2023 è quadruplicata la produzione di barili. Qui è presente l’uranio che serve per far funzionare centrali nucleari in Francia. Ecco perché per la Francia è un paese strategico ed ecco perché, al contempo, stiamo assistendo a manifestazioni anti-francesi".

E il rapporto con l’Italia com’è? "Quando vado in Niger risiedo nello stesso albergo dove alloggiano 350 militari italiani impegnati in missioni di pace, in progetti di formazione, per dare una mano al paese. Noi siamo ben visti perché andiamo a far del bene e non prendiamo niente".

Lei fa anche affari in quel paese. È preoccupato per il futuro?

"Il Niger rappresenta il 5% del fatturato africano, per la mia azienda è un paese emergente, strategico e funzionale per il futuro. A causa dei disordini in corso verrà danneggiato parzialmente il fatturato, ma non è quello che mi spaventa. Sono più preoccupato alle relazioni che ho con tanti di loro".