"Long Covid, quando i guariti invecchiano"

L’analisi del laboratorio dell’azienda ospedaliero universitaria: tanti ’ex malati’ alle prese con stanchezza, insonnia e disturbi cardiaci

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di Paolo Tomassone

Nel corpo non c’è più traccia di Covid da diversi mesi: sono guariti e, alcuni di loro, anche senza bisogno di cure in ospedale. Però da diverso tempo soffrono di disturbi che stanno cambiando drammaticamente il loro stile di vita. Se prima non erano ipertesi adesso lo sono; se non gli era mai stata diagnosticata una malattia cardiovascolare, adesso hanno fibrillazione e scompenso cardiaco; hanno perso la memoria, non riescono a concentrarsi, faticano a dormire di notte, si sentono deboli, hanno male alle gambe, hanno perso il senso del gusto. In una parola: sono invecchiati precocemente. Queste informazioni non rientrano nelle statistiche e nei bollettini quotidiani, ma sono custoditi nel laboratorio Post Acute Covid Syndrome dell’Azienda ospedaliero-universitaria che da mesi ha già valutato un migliaio di pazienti con long Covid. Qui, oltre a curare con farmaci antivirali e anticorpi monoclonali, si studiano le condizioni cliniche del malato a diversi mesi di distanza dal contagio e dalla guarigione. Persone di mezza età, ma anche ragazzini, colpite dal virus e perlopiù non vaccinate, ammettono di sentirsi vecchie.

"L’infezione acuta da Covid – spiega Giovanni Guaraldi, infettivologo e direttore della Clinica metabolica di Unimore – può far sì che alcune cellule dei nostri tessuti acquisiscano caratteristiche particolari, producano a loro volta delle citochine infiammatorie che inducono invecchiamento. Nel nostro ambulatorio andiamo a studiare, con un approccio multidimensionale geriatrico, come è cambiata l’età biologica dei soggetti e come fare a farla tornare congruente con l’età anagrafica". Non esiste ancora un trattamento unico; i medici intervengono con un approccio centrato sulla persona, con le stesse modalità con cui i geriatri prendono in carica un paziente molto anziano. "Dobbiamo far in modo che queste persone ritornino attive, ritornino a fare attività motoria, cambino la loro dieta – prosegue il professore –. Si dà molta attenzione all’aspetto bio-psico-sociale che si è creato nel contesto del Covid. Incontriamo molte persone che hanno cambiato la loro resilienza, la loro capacità di rispondere allo stress acuto".

La buona notizia è che la sindrome da ‘Post acute Covid’ è molto rara nei soggetti vaccinati. Ecco perché i sanitari continuano a insistere sulla necessità di vaccinarsi, nonostante il rallentamento delle misure di prevenzione e nonostante il calo dei ricoveri negli ospedali. Sono già iniziati i richiami per la quarta dose da somministrare ai soggetti immunodepressi – soprattutto chi ha subito un trapianto, chi è malato di Hiv, i pazienti con terapie oncologiche –; "ci si aspetta che in queste categorie fragili – dice Guaraldi – la perdita degli anticorpi protettivi sia più rapida rispetto alla popolazione generale". Ma c’è "un’enorme numero di soggetti vulnerabili che non rispondono ai vaccini e questi vanno protetti" ancora più degli altri cittadini sani di salute. Intanto continua a calare la pressione sugli ospedali grazie a una riduzione dei ricoveri di modenesi contagiato. "Abbiamo ancora un reparto Covid pieno – precisa il direttore della Clinica metabolica – ma il 50% non è ricoverato per complicanze legate all’infezione. Sono malati molto complessi, che hanno altre patologie croniche, come pazienti oncologici, gravemente immunodepressi, grandi anziani che per le loro patologie hanno avuto accesso in ospedale e si sono trovate positive quasi per caso. Rimane una quota di pazienti un po’ più giovani che non essendo vaccinati continuano ad avere le manifestazioni del Covid legata all’insufficienza respiratoria".