"Lunga attesa e personale sgarbato" A 93 anni odissea al pronto soccorso

Mirandola, lo sfogo del genero Andrea Testi. L’Ausl replica: "Tempi dilatati perché inserito nel percorso dei sospetti Covid"

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Medici e infermieri in prima linea per l’emergenza Covid 19, "ma c’è, purtroppo, chi esce dal coro dei consensi", e il caso viene segnalato all’Ausl. A raccontare l’odissea del suocero 93enne, ex medico, è l’avvocato Andrea Testi. "Mio suocero lunedì è stato trasportato dal 118 al pronto soccorso di Mirandola, accompagnato da mia moglie per sospetto blocco renale, ipertrofia prostatica, e forte stato di agitazione psicomotoria. Lì, in attesa, non vi era alcun paziente. L’addetta al triage ha compilato la scheda d’accesso dicendo di attendere. Erano presenti anche tre infermieri, che parlavano dei benefit di stipendio che avrebbero ottenuto i colleghi impegnati nel ‘reparto Covid’. Mio suocero lamentava forti dolori ma alla richiesta di mia moglie al personale — continua l’avvocato — di accelerare i tempi le è stato ‘sgarbatamente’ risposto che ‘il dottore è in arrivo e se lei non sta zitta telefono ai carabinieri’. Dopo un’ora e mezza dall’ingresso, intorno alle 20.30, una dottoressa, premurosa e professionale, si è presa in carico mio suocero". Il quale viene sottoposto anche a tampone e lastra, entrambi negativi, ma viene dimesso al solo scopo di evitare il rischio contagio. "La dottoressa, con estrema prudenza, benché il quadro clinico di mio suocero fosse serio, ha preferito rimandarlo a casa — spiega l’avvocato Testi — con presa a carico del medico curante, senza contare che abbiamo dovuto attendere una ambulanza a pagamento quasi due ore". Una volta a casa, i familiari telefonano al medico di famiglia che tuttavia, dicono "si rifiuta di recarsi dal paziente, forse per timore di contrarre il Covid, sebbene mio suocero sia risultato negativo". Per la famiglia, costretta a cercare un infermiere professionale per fare la fleboclisi di antibiotici al loro congiunto, comincia la seconda odissea. "Ci siamo dovuti arrangiare, e pensare — conclude Testi — che mio suocero è stato per 50 anni medico e dirigente dei medici di base". Il caso è stato segnalato alla Direzione sanitaria, che ha chiesto e ottenuto un incontro con la figlia.

L’Ausl intanto precisa che "le tempistiche di presa in carico devono tenere conto del fatto che il paziente è stato inserito in un percorso protetto riservato ai sospetti Covid, che ha comportato una dilatazione dei tempi. Alle ore 18.53 è stata effettuata l’accettazione, con valutazione triagistica e misurazione dei parametri; alle 20.27 la presa in carico da parte del medico di pronto soccorso, con l’effettuazione della visita e degli esami di laboratorio. Successivamente al paziente è stata somministrata la terapia necessaria, prima dell’invio al medico curante con l’indicazione terapeutica da seguire al domicilio e le conseguenti dimissioni. Delle condizioni dell’uomo — precisano — è sempre stato al corrente il medico che lo ha in assistenza, e che lo scorso 31 marzo ha prescritto un’ulteriore terapia e disposto l’attivazione del servizio infermieristico domiciliare, predisponendo le ricette. Ricevuta la telefonata, il Servizio di Assistenza domiciliare ha programmato la visita a domicilio per il 2 aprile; visita annullata su richiesta della famiglia in quanto era stato attivato personale privato. Lo scorso giovedì, il medico di medicina generale ha effettuato una visita al domicilio del paziente, rilasciando indicazioni terapeutiche e alimentari".

Infine, in merito a quanto riferito circa l’atteggiamento di alcuni operatori del Ps, l’Azienda si "riserva di effettuare verifiche".

v.bru.