"Ma quale ghetto, Braida ha voltato pagina"

A spasso nella zona nota negli anni ’90 per i problemi legati allo spaccio: "Quello è il passato, oggi lo scambio culturale ha vinto"

Braida

Braida

di Ylenia Rocco

Quel quartiere tanto discusso negli anni ’90 oggi non esiste più. Il ‘mostro’, il palazzone di via Circonvallazione 189, ha perso il suo ruolo di centro logistico dello spaccio, le notti non sono più illuminate dai lampeggianti della polizia, le vie sono più sicure e le parole ghettizzazione ed emarginazione, che per anni hanno macchiato gli articoli di cronaca del quartiere, ma soprattutto la sua storia, sono state sostituite da nuovi valori. Inclusione e integrazione. Braida adesso è questo: un quartiere in cui si osserva il vero scambio culturale tra la popolazione immigrata e la società ospitante. Alessandro Manzoni diceva che ‘la storia insegna che la storia non insegna nulla’, ma oggi per Braida questo non vale.

Lo possono confermare i volti storici di questo quartiere. Le gemelle Vanna e Giuliana Rosa nel gennaio del 1988 avevano 27 anni quando presero in gestione il bar del circolo Anspi, adiacente la chiesa parrocchiale. Braida la conoscono bene, così bene da non essersi mai fatte intimorire. "Il gestore precedente – ricordano oggi sorridendo – diceva che non avremmo resistito nemmeno un anno. Purtroppo è venuto a mancare, dovrebbe sapere che invece ne sono passati 34...". Tanti anni, ma anche molteplici cambiamenti. "Lavoriamo molto bene in questo quartiere perché è tranquillo e ne siamo affezionate – dicono le sorelle Rosa – Quei ghetti che una volta potevano spaventare ora non ci sono più".

Il grigio del ‘palazzone’, così, resta distante, dinanzi al mescolarsi di culture e colori. "Prima della pandemia – spiegano Vanna e Giuliana – cittadini filippini e ghanesi organizzavano le feste, i funerali e le funzioni religiose nella palestra della parrocchia. A volte le giornate erano caratterizzate da balli e vestiti coloratissimi. Ci hanno parlato del loro credo e insegnato le loro usanze. È bello imparare a conoscersi". Ma l’integrazione passa anche tra i tavoli del bar, riferiscono le sorelle: "Nei gruppi di giovani che si ritrovano per l’aperitivo c’è sempre qualche ragazzo straniero. Non ci si isola mai come è giusto che sia".

Fra i tanti ‘scatti’ di una vita, Vanna e Giuliana ricordano un quartiere che nella povertà è stato comunque sempre solidale con il prossimo: "Don Francesco e Nazzarena, una sera o due a settimana, preparavano la borsina per i poveri. La porta per chi chiedeva aiuto era sempre aperta e Don Francesco aveva qualcosa per tutti". Abdellah Cherif El Maslouhi,originario del Marocco, è arrivato a Braida invece a fine degli anni ’90, nel 2000 assieme al fratello ha aperto la bottega in via San Carlo 23, che attualmente gestisce.

"Questa zona un tempo era diversa, come la mia clientela – racconta El Meslouhi –. Inizialmente la bottega era frequentata solo dai miei connazionali poiché avevamo tutto quello di cui poteva aver bisogno una famiglia araba, come la carne halal, le spezie, i tessuti, i tappeti e tanti altri prodotti tipici". Ma dal 2010, per El Meslouhi, le cose sono cambiate: "Tra gli scaffali ho inserito anche frutta e verdura, da una clientela prettamente araba sono passato ad averne una mista: oggi entrano nel mio negozio anche i residenti dei condomini vicini, cosa che un tempo era raro vedere". Anche Monica Berzellini, edicolante del quartiere da ben 12 anni, riconosce lo sviluppo sociale di Braida. "La differenza tra prima e adesso è lampante: il tempo del ghetto è finito. Oggi osservo tanti stranieri che fanno del loro meglio per inserirsi in una cultura che comunque non è la loro e molti italiani che dall’altra parte sono aperti a questa integrazione. La Braida che sto vivendo è quella della buona convivenza e questo mi piace. Ho avuto la possibilità di spostare l’edicola ma – conclude Berzellini – è una proposta che non ho mai preso in considerazione, amo il mio quartiere".

Un quartiere rinato a 360 gradi dove anche il parco Amico è diventato un gioiello grazie all’impegno dei volontari e ai numerosi eventi che, soprattutto d’estate, ne fanno l’anima della città.