VALENTINA REGGIANI
Cronaca

Madre e figlia uccise: "Lo Stato non le ha difese. Il killer merita l’ergastolo"

L’avvocato Iannuccelli difende la famiglia delle vittime ammazzate a fucilate. "Montefusco condannato a 30 anni, attenuanti incomprensibili: faremo appello". Poi la rabbia per le denunce archiviate: "I segnali c’erano, sono stati ignorati"

Gabriela e Renata Trandafir

Gabriela e Renata Trandafir

Modena, 6 dicembre 2024 – "Lo Stato ha perso l’occasione per salvare la vita di queste due donne. Ma allo Stato le donne interessano solo se muoiono. Forse. Attendiamo le motivazioni, dopo di che valuteremo l’appello".

Il duro monito parte dall’avvocata Barbara Iannuccelli, che rappresenta i familiari di Gabriela e Renata Trandafir, 47 anni e 22 anni, mamma e figlia uccise a fucilate dal marito e patrigno Salvatore Montefusco.

Per il barbaro e duplice delitto, avvenuto nella villetta di Cavazzona di Castelfranco il 13 giugno del 2022, l’imprenditore edile è stato recentemente condannato dalla Corte D’Assise a 30 anni. La famiglia delle due vittime aveva invocato l’ergastolo per l’imputato ma, a seguito della pronuncia della sentenza, avevano da subito espresso il proprio dolore e disappunto.

"Reputo assurda la richiesta di archiviazione sulle denunce fatte da Gabriela – commenta Iannuccelli – è stata persa una possibilità di monitorare questa situazione che era stata definita estremamente conflittuale.

L’indagato era stato definito come persona che manifesta tratti di personalità aggressivi e irruenti, ma nella richiesta si parla di ’confittualità esasperata, esteriore e verbale’ che quindi non configura le caratteristiche del reato di maltrattamenti.

Io ho letto le denunce: c’era una situazione esplosiva – sottolinea – ed era dovere dello Stato disinnescarla".

Iannuccelli fa presente come siano tanti gli strumenti che oggi possono essere utilizzati a tutela delle vittime ma come, nel caso di mamma e figlia, non sia stato fatto nulla. "Oggi c’è l’ammonimento, ci sono le misure con il divieto di avvicinamento, il braccialetto elettronico. Nessuno capisce come mai il caso di queste due donne sia stato trattato in questo modo e lo Stato ha perso l’occasione per disinnescare questa bomba e salvare la vita di queste due donne. La richiesta di archiviazione era arrivata sette mesi prima rispetto al delitto e archiviava proprio le denunce di Gabriela, undici in tutto che proiettavano una situazione di grande conflittualità. Parliamo di un uomo – continua – che aveva pure il porto d’armi: un minimo d’allarme avrebbe dovuto destare. Attendiamo il deposito delle motivazioni e cerchiamo di capire come mai siano state concesse le attenuanti generiche: una cosa che non si riesce a comprendere e speriamo che le motivazioni lo possano spiegare. Certo è che l’ergastolo riteniamo sia la pena più adatta per questi omicidi efferati".

La condanna, lo ricordiamo, era arrivata lo scorso nove ottobre. La Procura aveva chiesto l’ergastolo, ma i giudici hanno riconosciuto le attenuanti generiche equivalenti rispetto alle aggravanti contestate, escludendo premeditazione e la crudeltà. Ora la famiglia delle due donne si prepara al processo d’appello. Contro la sentenza si era già espressa la migliore amica di Renata.

"Rappresenta un pericoloso precedente. Renata e Gabriela, così come tutte le altre donne vittime di femminicidio meritano di più; meritano giustizia" aveva sottolineato lo scorso ottobre Rachele Cavazzuti. "In questo Paese – aveva fatto presente – parliamo di proteggere le donne, ma si fa finta di niente quando vengono ammazzate".

Una denuncia contro le istituzioni che ricalca quella del legale Iannuccelli.