Mamme e lavoratrici, dimissioni boom. "Troppo difficile"

Rosamaria Papaleo (Cisl): "Difficile conciliare impiego e figli, la cura familiare è ancora tutta sbilanciata sulle donne"

Rosamaria Papaleo (Cisl)

Rosamaria Papaleo (Cisl)

Modena, 3 luglio 2020 - In Emilia-Romagna aumentano le dimissioni di madri e padri lavoratori dopo il primo figlio. Anche in Emilia-Romagna - regione ai primi posti per politiche welfare, è difficile conciliare lavoro e famiglia, soprattutto dopo essere diventati genitori. L’assenza di parenti che possano dare una mano, i costi di asilo nido e baby sitter, gli orari di lavoro e la distanza dal luogo di lavoro spingono molte persone a lasciare l’occupazione. Lo conferma la relazione annuale 2019 sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri, presentata dall’Ispettorato nazionale del lavoro e analizzata dalla Cisl Emilia Centrale. L’anno scorso in Italia sono state 51.558 (+4 p% rispetto al 2018) le convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali. In Emilia-Romagna sono state registrate 5.447 convalide, 263 in più rispetto al 2018 (+5 %).  

"Da una recente analisi Modena si attesta ai primi posti, anche perché è una città dall’economia fiorente e in cui ci sono molte donne lavoratrici", commenta Rosamaria Papaleo, componente della segretaria Cisl Emila Centrale. "Le dimissioni entro i tre anni del bambino sono protette, cioè sottoposte al vaglio degli ispettori del lavoro che verificano la volontarietà della decisione della lavoratrice o lavoratore – spiega Papaleo – Questo permette di contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco delle donne, un tempo molto più diffuso, anche perché non tutte le lavoratrici erano adeguatamente informare sui loro diritti. Detto questo, però, è chiaro che se le convalide aumentano significa che le politiche, sia pubbliche che aziendali, non sempre permettono ai genitori di dedicarsi serenamente al lavoro e alla famiglia. Quindi bisogna cambiarle, anche attraverso la contrattazione di secondo livello".

Nel 73 % dei casi a rinunciare al posto sono le lavoratrici madri, concentrate nella fascia di età 29-44 anni; lavorano soprattutto nel terziario e nell’89 % dei casi hanno un’anzianità di servizio da zero a dieci anni. A sorpresa, però, aumenta anche il numero dei padri che lasciano il lavoro dopo un figlio; nel 2019 in Emilia-Romagna sono stati 1.879 (+2,5 % rispetto all’anno precedente). Una delle cause principali delle dimissioni è la difficoltà a conciliare l’occupazione lavorativa con le esigenze di cura della prole (35 % dei casi), l’assenza di parenti di supporto (27 %), elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato (nido o baby sitter, 7 %), mancato accoglimento al nido (2 %). Tra le causali relative all’azienda della lavoratrice, prevale l’organizzazione e le condizioni di lavoro, difficilmente compatibili con la cura dei figli, e il mancato accoglimento delle richieste di part time o flessibilità.  

"È assurdo constatare come la maternità rimanga una delle cause principali di allontanamento delle donne dal mondo del lavoro – dichiara Papaleo – Noi della Cisl richiamiamo ancora una volta il Governo ad avere più coraggio nell’approntare strategie di rilancio del lavoro femminile, e della condivisione della cura familiare ancora troppo sbilanciata sulle donne. Il Family Act della ministra Bonetti, approvato di recente dal Consiglio dei Ministri, rappresenta un buon punto di partenza, ma va necessariamentemigliorato e attuato in tempi più rapidi. Va rivisto il sistema dei congedi, quello obbligatorio per i padri di soli 10 giorni va aumentato. Mentre va alzata al 50% la retribuzione durante la cosiddetta ’maternità facoltativa’". Papaleo promuove lo smart working, "ma va normato, anche per la tutela della sicurezza, e non deve essere riservato solo alle donne. Non diventi un modo per relegarle lontane dai luoghi di lavoro".