Maresciallo regala al ladro i pannolini per i figli

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IL MARESCIALLO Alessandro Di Vilio se l’era tenuto per sé. Non lo aveva certo sbandierato ai quattro venti di aver regalato di tasca sua al cosiddetto ‘ladro del tombino’ i pannolini e le salviette per i suoi due bimbi piccoli. «Perché rubo? Perché non ho neanche i soldi per comprare i pannolini ai miei figli», gli aveva detto lunedì subito dopo il suo arresto il 24enne Antonino Pavia, reduce dall’ennesima spaccata ad un esercizio di Spilamberto: una lavanderia self-service. E ci aveva pensato il comandate della stazione locale dei carabinieri – padre anche lui – senza batter ciglio né cercare alcuna pubblicità. Sarebbe stato facilissimo far trapelare la notizia fino ai media, anche in modo indiretto, ma Di Vilio non lo ha fatto. Un approccio confermato ieri dal fatto che il militare abbia preferito non rilasciare interviste quando si è sparsa la notizia, proprio perché lo ritiene un gesto di normale umanità. E chissà quante volte era già accaduto.

Ci ha pensato l’imputato, però, a ‘tradirlo’. A catapultare chi lo aveva catturato sotto i riflettori delle cronache. Ieri mattina in tribunale durante la direttissima il 24enne, dopo aver ammesso le proprie responsabilità, ha preso la parola davanti al giudice e ha voluto spontaneamente «ringraziare il maresciallo per i pannolini», per il bel gesto per nulla scontato.

Invece in attesa del processo – che proseguirà ad ottobre perché il legale di Pavia ha chiesto i termini a difesa – per l’indagato si sono aperte stavolta le porte del carcere, dopo quattro arresti in flagranza nell’arco di otto mesi – si parla di una trentina di spaccate in tutto – che nelle precedenti occasioni avevano portato all’obbligo di dimora (in gennaio) e due volte ai domiciliari (in aprile e in agosto). Durante l’udienza di ieri, inoltre, a questa nuova misura cautelare se ne è sommata un’altra, sempre in cella, notificata al 24enne per furti commessi in passato a Catanzaro. «L’imputato – ha aggiunto il giudice nel motivare la custodia cautelare in carcere – non merita più la benevolenza che lo Stato gli aveva concesso finora».

Valerio Gagliardelli