Marzano: "Consenso, troppe zone grigie"

Marzano: "Consenso, troppe zone grigie"
Marzano: "Consenso, troppe zone grigie"

"Nel caso specifico della sentenza di assoluzione di Firenze la motivazione rientra nella cosiddetta cultura dello stupro". Michela Marzano ha commentato con queste parole la sentenza che, pur riconoscendo il reato, ha assolto i due ‘stupratori’ perché non potevano ‘comprendere’ il mancato consenso della giovane. "Sono le zone grigie del consenso" quelle che nell’educazione sessuale diventano determinanti e che la filosofa ha indagato e che sono state oggetto della lezione che ha tenuto ieri al Festival Filosofia a Sassuolo dal titolo ‘Consenso e cedimento? una trappola linguistica’. Cosa significa dire io acconsento, cosa significa dare il consenso? "Cercherò di incarnarlo nella sessualità dove siamo in un ambito molto diverso da quello medico con il consenso informato in cui i si e i no sono definitivi e monolitici. Nell’ambito sessuale c’e’ un processo in ciò il si può diventare un no". Un tema attualissimo che la cronaca ha documentato, da Palermo a Caivano in modo eclatante, ma in tante altre situazioni: cosa accade "quando la parola si stacca dal corpo e magari le parole restano strozzate per la paura".

"Al Festival si parla di logos certo, ma in un contesto che è quello della comunicazione, che naturalmente può avvenire anche attraverso segni o simboli". Così Barbara Carnevali, docente di Estetica sociale all’Ehess di Parigi e membro del Comitato direttivo del Festival, affronta il tema del marchio, "parola immagine onnipresente nel nostro paesaggio visivo". E come per la parola il discorso è quello della formazione dell’identità, in questo caso collettiva. "Il logo vive di due tensioni contrapposte – spiega – da un lato la parola che si fa marchio come nel caso di Google dall’altro un’immagine che si fa parola, come nel caso del baffo della Nike". Per questo il logo è parte sostanziale della cultura contemporanea, "grazie alla sua forza retorica e la capacità di creare emozioni, così da essere utile per capire il rapporto tra economia e estetica, bisogni materiali e bisogni emotivi, capitalismo e arti minori come la grafica e la pubblicità". E tutto questo, la sintesi tra parola e immagine, si deve a un’arte estremamente significativa del nostro tempo, la grafica, che "attraverso la stilizzazione crea un’identità che poi si carica di associazioni e ricordi e desideri legati, per esempio, all’immagine di una mela che rimanda subito all’azienda che ne ha fatto il suo simbolo o, più semplicemente, come la M della metro".