Coronavirus, a Concordia pronti a produrre 500mila mascherine

La Tecnoline si è convertita e ora aspetta il via libera alle certificazioni: "Fate presto. Chiediamo aiuto alla Regione"

Lavoratori del settore del biomedicale

Lavoratori del settore del biomedicale

Modena, 17 marzo 2020 - Dopo gli scafandri e le barelle ‘Envelop’ per il trasporto dei pazienti infetti dal virus Ebola, inventati, brevettati, esportati nelle zone calde dell’Africa nel 2014 e in altre aree del pianeta, la biomedicale Tecnoline dei soci Stefano Provasi, Maria Grazia Bulgarelli, Stefano Foschieri, azienda della Silicon Valley della Bassa modenese con sede a Concordia, risponde all’emergenza nazionale ‘mascherine’ per fronteggiare il contagio da Covid 19. L’azienda, che produce presidi medico- chirurgici, converte il proprio know how al servizio della collettività e del sistema sanitario italiano. L’azienda, balzata alla cronaca internazionale per l’invenzione dello scafandro protettivo ai tempi dell’altro temibile virus, conosciuta per l’alta capacità professionale e inventiva del titolare, nei giorni scorsi è stata sommersa da richieste.  

Stefano Provasi, perché si sono rivolti a voi che di fatto non siete produttori di mascherine? "E chi lo sa, abbiamo ordini per 500mila mascherine. Ci ha chiamato il gruppo Barilla, la Conad, la Croce Rossa, privati…. Ci siamo guardati negli occhi io, i miei due soci, mio figlio Lorenzo, il direttore commerciale Gino Alboresi, i nostri 35 dipendenti, che tra poco aumenteranno, e in cinque minuti abbiamo deciso per il sì. Le ho pensate in una notte, il giorno dopo ho chiamato i fornitori". Un progetto velocissimo, di quali mascherine si tratta? Quelle definite sul mercato come ‘Ffp2’. Sono molto protettive. Le nostre sono composte all’esterno di un film di poliuretano, e di un secondo velo di poliuretano espanso, quello usato dall’inventore del biomedicale Mario Veronesi per i filtri Hb30". Sono già pronte? "Praticamente sì. Ho avuto qualche problema iniziale con la saldatura, ma ad oggi è stato risolto. Gli stampi sono già pronti e i nostri dipendenti sono al lavoro su due turni, da giovedì ne produrremo 40 mila al giorno, a oltranza, ma purtroppo c’è un problema che stiamo cercando di risolvere". Quale? "Il tempo di certificazione delle mascherine come ‘dispositivo di protezione individuale’ non è rapido. Prima di immettere la mascherina sul mercato, la legge dice che serve l’esame di laboratorio e l’ok dell’ente certificatore, che tuttavia impiega in genere otto settimane, oltre al costo di 50 mila euro. Senza contare che le spese finora sostenute per mettere a punto le mascherine sono intorno ai 250 mila euro, tra materiali, macchinari…". Le mascherine sono quasi pronte, quindi, ma di fatto bloccate dai tempi burocratici. Come pensate di risolvere il problema? "Chiediamo aiuto alla Regione, che possa fare da ponte con Governo e Istituto superiore di sanità per sollecitare chi di dovere a prendere in esame con urgenza la nostra ‘pratica’. Il rischio, altrimenti, è che le mascherine restino qui, in azienda. Vista l’emergenza dettata dal Covid 19 e dal fatto che i dispositivi facciali sono ormai introvabili o comunque venduti al mercato nero a prezzi davvero folli, il rapido ok ci consentirebbe di commercializzarle senza dover attendere due mesi. Oltre al fatto che quelle in arrivo dalla Cina, bloccate a causa d ei problemi doganali alle frontiere, nel 90% dei casi sono sprovviste di certificazione e anche quelle vengono vendute a prezzi astronomici". Cosa pensa delle mascherine inviate dalla Protezione Civile alla Regione Lombardia? "Si commentano da sole, non c’è bisogno di aggiungere altro".