MARIA SILVIA CABRI
Cronaca

Maserati, fuga dalla ‘cassa’. “Così vivo in trasferta a Torino”

L’azienda ha proposto anche la Serbia. “Tanti problemi, ma almeno ho lo stipendio pieno”

Una catena di montaggio nello stabilimento della Maserati a Modena. Nel 2024 sono state prodotte 220 vetture e da novembre i lavoratori sono in cassa integrazione

Una catena di montaggio nello stabilimento della Maserati a Modena. Nel 2024 sono state prodotte 220 vetture e da novembre i lavoratori sono in cassa integrazione

Modena, 16 marzo 2025 – “Doveva essere un distaccamento temporaneo di tre mesi. Invece sono quattordici mesi che lavoro nello stabilimento Mirafiori di Torino per Maserati. Torno a casa una volta al mese, quando va bene. Ma non ci sono alternative”.

Angelo (nome di fantasia) ha poco più di 40 anni. È originario di Modena, ha una moglie, tre figli, il mutuo da pagare sulla casa, venti anni di esperienza in Maserati. E da gennaio 2024 lavora a Torino. Mentre Stellantis propone ai lavoratori Maserati in cassa integrazione una trasferta volontaria di sei mesi in Serbia per produrre la Fiat Grande Panda, ce ne sono almeno una decina, da oltre un anno, in Piemonte che aspettano di fare ritorno ‘a casa’, ma con l’incognita del quando e a quali condizioni.

Come è maturata la decisione di andare a lavorare a Torino?

“Sono in Maserati dal 2004, ho lavorato in quasi tutti i reparti. All’inizio del 2024 ancora si andava in azienda, ma la cassa integrazione era nell’aria. Abbiamo iniziato a lavorare a giorni alterni e ci facevano smaltire le ferie: in questo scenario è arrivata la proposta su base volontaria. Andare per tre mesi nello stabilimento Mirafiori o restare a Modena ed entrare in cassa”.

E lei ha scelto di andare.

“Ho tre figli ancora piccoli, un mutuo da pagare, mia moglie lavora part time. A Modena non si lavorava: cosa potevo fare? E poi, ‘tre mesi’ non erano un lasso di tempo esagerato, si potevano affrontare, in attesa che venisse messo a punto l’Atelier, l’impianto di verniciatura per personalizzare le macchine in base alle richieste dei clienti, e si aprissero nuove possibilità di lavoro per rientrare. Così ho accettato il distaccamento nello stabilimento hub per l’economia circolare”.

I tre mesi quanti sono diventati?

“Sono partito il 31 gennaio 2014: sono quattordici mesi. Giovedì ho firmato l’ennesima proroga per restare fino a dicembre. Siamo poco più di una decina provenienti da Modena, e ci sono persone da tutta Italia: sono pochissimi i torinesi che, invece, lasciano a casa in cassa integrazione. Ci collocano dove c’è bisogno”.

Quando vede la sua famiglia?

“E’ l’aspetto più doloroso. Loro sono rimasti a Modena, scendo una volta al mese, quando è possibile, perché adesso abbiamo i 20 turni con anche i sabati lavorativi e la notte. Magari mi danno il giorno di riposo infrasettimanale, ma mia moglie lavora e i ragazzi vanno a scuola, posso restare un solo giorno e li vedo poche ore. È durissima per me, è un grandissimo sacrificio a livello umano stare lontano dalla mia famiglia. Tre mesi erano un tempo accettabile, ma adesso diventeranno praticamente due anni. E non sappiamo quando potremo rientrare…”.

Ma potrebbe tornare a Modena?

“In teoria sì. Il distaccamento è su base volontaria. Ma se torno poi che accede? Adesso guadagno come un tempo a Modena, 1800/2000 euro al mese: tornare ed essere messi in cassa integrazione significa 1200 euro al mese. Inoltre, ci considerano come ‘privilegiati’ ad essere qui, ci pagano albergo, vitto, abbiamo quattro macchine in undici persone. Scegliere di tornare significa essere collocati ‘in fondo’: se si dovessero aprire delle possibilità in Maserati, la precedenza verrebbe data agli altri e difficilmente si verrebbe ricontattati per altre trasferte. Quindi, sì, potrei chiedere di tornare a Modena, in teoria. Ma nella pratica della sopravvivenza è tutta un’altra cosa…”.