
I medici di base modenesi ancora sul ‘podio’ internazionale. Dopo l’importante riconoscimento ottenuto sullo studio Magma che riguardava la presa in carico dei pazienti positivi al covid 19, arriva un’altra soddisfazione per l’Ausl modenese. Una nuova ricerca ha infatti ottenuto il primo posto al Congresso europeo della rete dei ricercatori in medicina generale. Cuore del lavoro, elaborato da un team guidato dalle dottoresse Alice Serafini e Irene Bruschi, e formato anche da due antropologi: Mirko Pasquini dell’Università di Uppsala in Svezia e Martina Belluto del Comune di Bologna, oltre a Luca Ghirotto, responsabile dell’Unità di Ricerca Qualitativa dell’Ausl di Reggio Emilia. Il concetto è l’umanizzazione dei luoghi di cura applicato all’ assistenza di base. Le sensazioni trasmesse dai luoghi in cui viviamo e lavoriamo sono un tassello importante, a maggior ragione quando si tratta di sanità. Pertanto l’allestimento degli spazi dovrebbe seguire precise linee guida.
Se per quanto riguarda gli ospedali la letteratura in materia è molto ampia, non si può dire lo stesso per gli studi dei medici di famiglia. E’ proprio per colmare questo ‘gap’ che il gruppo ‘modenese’ si è messo al lavoro ottenendo il primo premio, tra i circa quaranta presentati, al 96esimo Congresso europeo che si è svolto a Spalato, in Croazia. A colpire la giuria è stata in primo luogo l’originalità della ricerca, ispirata al metodo photovoice. E’ stato chiesto cioé a 40 medici di fotografare il proprio studio: ambulatorio, sala d’attesa, segreteria e spazi comuni, descrivendone punti di forza e aspetti da migliorare. Dall’analisi dei dati è emersa una grande eterogeneità: dalla disposizione degli arredi ai colori delle pareti, dalla presenza di elementi naturali come piante e fiori alle dimensioni di ambulatori e sale d’attesa. A partire da questo materiale sono state tratte alcune conclusioni. Se alcuni aspetti si applicano ad ogni luogo pubblico, come la necessità di creare un ambiente accogliente, con i colori giusti per trasmettere calma e tranquillità, utilizzando piante come elementi d’arredo naturali, altre sono più specifiche: ad esempio la personalizzazione dell’ambiente con oggetti, come diplomi e libri, che contribuiscano a motivare il professionista; oppure separare la zona di consultazione da quella di visita; prevedere spazi adeguati per tutte le professionalità che lavorano all’interno dello studio, compresi eventuali medici in formazione; allestire uno spazio idoneo dedicato al ristoro del personale.
Anche le dimensioni degli arredi ‘giocano’ un ruolo importante; scrivania e computer, ad esempio, non devono essere troppo grandi, per non rischiare di aumentare la distanza non solo fisica tra il medico e il paziente. "Siamo rimasti sorpresi di questo interesse – il commento delle dottoresse Serafini e Bruschi a nome del gruppo di lavoro – per noi significa tantissimo e vale doppio: in Italia la ricerca nell’ambito della medicina generale non esiste e questo studio, così come quello sul Covid, è stato condotto in maniera indipendente e autonoma. In un contesto di forte rinnovamento della medicina generale, con un ricambio generazionale che arriva al 50% della forza lavoro, abbiamo trovato necessario fare un’analisi qualitativa degli spazi in cui spendiamo tantissime ore al giorno per assistere i nostri pazienti".
Emanuela Zanasi