Menelao, un antieroe contemporaneo

La recensione dei ragazzi del liceo Muratori - San Carlo: «Un viaggio mentale che racconta la ricerca della felicità»

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Il Menelao di Davide Carnevali intrattiene gli spettatori ed è adatto a diverse fasce di età. Parla di un uomo alla ricerca di se stesso, il cui malessere compromette i rapporti con l’esterno e con la moglie Elena: dopo dieci anni di guerra per recuperarla, egli cerca di amarla ma non riesce, bloccato dalla sua stessa insoddisfazione. Lei lo ama? Alla domanda del telefono non risponde. La caratterizzazione dei personaggi è attualizzata, la modernità dei temi coinvolge profondamente il pubblico. Non è necessario conoscere appieno la storia della guerra di Troia per comprendere il testo di Davide Carnevali nella messinscena di Teatrino Giullare. Menelao non accetta la sua depressione, che risulta però evidente. Egli stesso si può paragonare alla prigione o alla tomba in cui si chiude. Non riconosce di essere il motivo della sua infelicità. È la ricerca stessa della felicità a renderlo infelice ed è la sua ragione la causa della sua infelicità, che egli attribuisce invece agli dei e al destino, ritenendoli più forti della sua volontà. Uomo contemporaneo, è perennemente insoddisfatto: ha già tutto ed è infelice. In scena si cela dietro a una maschera per mostrarsi come un eroe, cambiando l’immagine che gli altri hanno di lui, ma senza avere il coraggio di cambiare se stesso. La maschera che indossa assomiglia alla maschera funebre di Agamennone, al quale cerca di somigliare, ma in confronto Menelao appare un fantoccio: Agamennone gli ricorda che le sue mani non sono sporche di sangue, Elena lo interpella senza dargli il tempo di rispondere. Il fratello gli suggerisce di generare figli da poter sacrificare, ma lui non è in grado di dare al regno un erede maschio. La locandina stessa dello spettacolo porta come titolo il suo nome, ma mostra l’immagine di Agamennone. Menelao è un antieroe: desidera morire da eroe in battaglia, ma non è il suo destino. Le Parche giocano con il filo della sua vita. La sua volontà di essere ricordato e di non cadere nell’oblio trascende il bisogno di vivere, ma la sua tragedia si consuma in camera da letto. Elena vuole aiutare il marito ma è abituata all’idea di non sentirsi amata.

Nello spettacolo non avvengono fatti, è un viaggio mentale. Non si arriva a un compimento: l’unica conclusione è il desiderio di Menelao di porre fine alla sua vita. I temi, che possono sembrare pesanti, vengono trattati in chiave ironica e fanno spesso sorridere. Il linguaggio contemporaneo e colloquiale rende accessibile e più leggero lo spettacolo. C’è una sorta di umorismo grottesco. La scena è molto semplice, ma la regia cura ogni minimo dettaglio. Protagonisti sono burattini e marionette, simbolica rappresentazione della condizione di Menelao, che si sente un fantoccio. Gli oggetti scenici rendono lo spettacolo accattivante. Gli dei si stagliano illuminati sul fondale e l’intervento di Zeus è accompagnato da un uso suggestivo della luce, che imita il fulmine. È frequente l’uso di musiche: il suono del bouzuki greco sostituisce il coro della tragedia classica, di cui la rappresentazione rispetta le unità di tempo, luogo e azione.

Liceo Muratori - San Carlo,

classe 2° C