Modena, violentò la figlia di 13 anni e la mise incinta. Condannato

Determinante il test del Dna. In un primo momento i sospetti erano caduti sull’altro figlio, maschio

Mise incinta la figlia minorenne, condannato (foto d'archivio)

Mise incinta la figlia minorenne, condannato (foto d'archivio)

Modena, 19 gennaio 2019 - E' stata una delle indagini più delicate degli ultimi anni nel nostro territorio, perlomeno dal 2015 ad oggi; non esclusivamente dal punto di vista tecnico, quanto, piuttosto, umano. Ieri mattina la sentenza di primo grado, pronunciata dal giudice Eleonora Pirillo, che (col rito abbreviato) ha confermato un quadro al quale aggiungere qualunque genere di commento sarebbe superfluo: un padre che stupra la figlia tredicenne e la mette incinta. Sei anni e mezzo la pena che è stata decisa in tribunale nei confronti dell’uomo, sulla quarantina, origini ghanesi, con lo ‘sconto’ derivato dal rito alternativo. Era il 2015, dicevamo. Tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, la minorenne si presentò al consultorio accompagnata proprio dal padre, che nella comunità di ghanesi credenti della nostra provincia, all’epoca, aveva il ruolo di pastore.

Il motivo di quella visita era in netto contrasto, per usare un eufemismo, con l’età della minore. Quasi impossibile a credersi: esattamente una gravidanza. Nell’immediato la bambina, perché questa è la parola che meglio la descriveva quattro anni fa, aveva indicato quale possibile responsabile dell’accaduto il fratello, anch’esso minorenne. Racconti però confusi, fatti da una persona troppo giovane per capire e descrivere. Per questa ragione il caso era stato immediatamente indirizzato alla procura dei minori di Bologna. Ma da lì sarebbe ben presto tornato a Modena, in corso Canal Grande, in procura, sulla scrivania del pm Katia Marino. Se infatti è stata subito disposta una consulenza tecnica di parte al fine di raffrontare il Dna del fratello a quello del feto (nel mentre era avvenuto l’aborto), subito dopo lo stesso è stato fatto per quello del padre.

L'esito ha scagionato completamente il fratello, portato all’apertura del fascicolo per violenza sessuale aggravata nei confronti del padre (nel capo d’imputazione si parla anche di abuso di mezzi di correzione, perché la bambina sarebbe stata picchiata sempre tra le mura domestiche) e all’immediato allontanamento di madre, figlia e fratello, affidati a una comunità. Lì dove nei racconti alla figura del fratello si sarebbe aggiunta proprio quella del padre. Incastrato dal Dna, verrebbe da scrivere, con un ‘responso’ scientifico netto, quasi inconfutabile.

Secondo la difesa dell’imputato, che fra parentesi ha sempre professato la propria innocenza, l’esito dell’accertamento tecnico non può però essere ritenuto la pietra tombale di questa vicenda. Il motivo? Si tratta di consanguinei. Perciò il secondo grado è un passaggio da dare quasi per scontato. Ieri mattina nell’aula del tribunale c’era anche il padre, nei confronti del quale è piovuta addosso una pena che, se confermata nei probabili successivi gradi di giudizio, lo porterebbe in carcere.