Minacce e offese a don Mattia "Non c’è reato, sia più riservato"

La Procura chiede l’archiviazione della querela presentata dal cappellano della Ong Mediterranea. Il sacerdote si sente nel mirino della mafia libica, ma il pm: "Sui social si espone a reazioni vessatorie"

Migration

di Paolo Tomassone

"Noi siamo solo gli aiutanti dei veri protagonisti, che sono i migranti. Per loro, per la fraternità che ci lega, per la giustizia che anima ogni cuore autenticamente umano, nonché per la dignità e l’integrità della Repubblica italiana e dell’Unione europea, occorre che si indaghi a fondo, in tutte le sedi, giornalistiche e istituzionali, sulla mafia libica". Don Mattia Ferrari, viceparroco a Nonantola e cappellano della Ong Mediterranea Saving Humans, sceglie di non parlare e affida il suo pensiero (e i sui ringraziamenti a chi lo sostiene e lo incoraggia in queste ore) ai social. Le minacce ricevute un anno fa presumibilmente dalla mafia libica - proprio attraverso i social - secondo la procura di Modena sono "prive di rilevanza penale", per questo è stata chiesta l’archiviazione alla sua denuncia. Querela per diffamazione e minacce gravi che era stata presentata dai legali l’estate scorsa nei confronti dei gestori e utilizzatori di due account Twitter (‘Migrants rescue watch @rgowans’ e ‘Caroline Framptn @Up_Yours_Haftar’) che in più occasioni si sono rivolti al prete equiparandolo ai "nazisti e comunisti assassini" e alla "mafia italiana quale sostenitore del traffico di esseri umani". "Non si tratta di un privato cittadino un po’ agitato che utilizza la tastiera del computer da sprovveduto. Le minacce provengono da account molto opachi e misteriosi che hanno la possibilità di accedere a delle informazioni sensibili e delicate", spiega l’avvocato Francesca Cancellaro che si è già opposta al Gip di Modena. Proprio dopo quei fatti era stato deciso di alzare la soglia di attenzione verso don Ferrari, assicurandogli una protezione.

Secondo la procura, però, il fatto che don Mattia eserciti il suo magistero pastorale "non in modo tradizionale, riservato e silenzioso" lo esporrebbe automaticamente a reazioni "vessatorie, sconvenienti e irragionevoli", tra le quali le minacce via Twitter. Il pm suggerisce che l’esposizione sui social network naturalmente provoca reazioni, specie se "chi porta il suo impegno umanitario (e latamente politico) sul terreno dei social o comunque del pubblico palco - ben diverso dagli ambiti tradizionali di estrinsecazione del mandato pastorale - lo fa propalando le sue opere con toni legittimamente decisi e netti".

Sono le parole che il pm Pasquale Mazzei ha vergato nell’atto di richiesta di archiviazione. "Una valutazione che va oltre l’accertamento penale e che ci lascia basiti – aggiunge l’avvocato Cancellaro –. Ognuno ha le proprie valutazioni personali sull’impegno politico e umanitario, ma quando viene fatto in un atto ufficiale della Procura c’è da fermarsi e dire ‘si è andati oltre’". Le parole del pm sono "gravissime" e "giuridicamente non stanno in piedi".

Numerosi i messaggi di sostegno arrivati ieri da più parti. "Chi attacca don Mattia attacca tutte e tutti noi. Non sei solo fratello. E continueremo insieme la battaglia per ottenere giustizia. Contro le minacce mafiose. E soprattutto per le donne, uomini e bambini che soffrono ogni giorno le violenze delle mafie libiche" è il commento di Mediterranea Saving Humans, sulla quale il prete si è imbarcato più volte. "Ci pare che questo atto della procura segnali con evidenza che lo strenuo impegno di don Mattia nella missione umanitaria e pastorale risulti fastidioso e scomodo non soltanto all’illegalità organizzata" scrive un gruppo di associazioni di volontariato cattolico e non in un comunicato comune.