Minacciata dall’ex, scatta il ‘codice rosso’

C’È un po’ di Modena nella nuova legge sul Revenge porn, ovvero la pornovendetta, parte del cosiddetto ‘codice rosso’. Tra i firmatari di una delle proposte vagliate dal legislatore, c’è infatti il senatore Enrico Aimi, mentre l’avvocato Guido Sola, presidente della Camera penale modenese e docente della Scuola di specializzazione in professioni legali è stato protagonista di una audizione sul tema in commissione Giustizia a palazzo Madama. Il testo, che corrisponde all’articolo 612 ter del codice penale, è uno dei punti del ddl contro la violenza alle donne. Avvocato Sola, perché è stato scelto per l’audizione in Senato?

«Credo di essere stato convocato poiché ho relazionato in vari corsi di formazione circa la violenza di genere, anche a livello universitario. Insomma, è un fenomeno che sto studiando».

Che cosa ha sostenuto durante l’audizione?

«Le proposte di legge arrivate in commissione Giustizia, tra le quali quella a firma, tra gli altri, del senatore Enrico Aimi, erano assolutamente opportune nella misura in cui è innegabile che il fenomeno non è né isolato né da sottovalutare. Questo soprattutto a causa del fatto che, con la diffusione di internet, si rilevano vere e proprie attività criminali che si sono radicate e generalizzate nella società. C’era bisogno di una norma specifica in materia che potesse fotografare e punire queste condotte».

Ci spieghi meglio in cosa consiste il Revenge porn.

«Nella creazione consensuale di immagini intime e nella loro pubblicazione non consensuale da parte, di solito, di un ex partner, con finalità vendicative».

Foto e video intimi o pornografici pubblicati per vendetta. Quanto è esteso il fenomeno e chi coinvolge?

«Il fenomeno è molto rilevante e crea nelle vittime danni importantissimi che, come insegnano alcuni casi di cronaca, può avere anche epiloghi tragici. Riguarda sia i giovanissimi, anche minori, sia gli adulti».

La nuova legge la soddisfa?

«In realtà devo dire che la mia principale perplessità riguarda proprio la tutela dei minori. Non mi sembra che nel testo si siano accesi i riflettori sui minorenni, insomma non sono previste aggravanti nel caso in cui la persona offesa sia un minore. Inoltre non si fa cenno al sexting, ovvero alla cattiva abitudine di molti ragazzini di scambiarsi immagini pornografiche tramite le chat, un comportamento prodromico al Revenge porn poiché queste foto e questi video possono poi essere usati per vendetta».

Come impedire il sexting tra i minori?

«Se si fosse legiferato con meno fretta si sarebbe potuto approfondire questo fenomeno che, ad oggi, è lecito tra minorenni. Si sarebbe potuto fare di più a livello legislativo per porre limiti, basandosi sull’esperienza anglosassone».

Altre perplessità?

«Una. Di carattere culturale. Benché il fenomeno sia noto con l’icastica definizione di revenge porn, non bisogna accendere i riflettori unicamente sul concetto di finalità vendicative senza lasciare alternative. Sarebbe un’interpretazione, questa, che inevitabilmente limiterebbe l’applicazione della nuova norma nella misura in cui spesso accade che la pubblicazione non consensuale di foto intime avvenga per altri motivi, come per gioco o per vanteria. In questo caso i danni che la vittima può avere sono gli stessi».

Come avvocato ha gestito casi di questo tipo avvenuti a Modena?

«Sì, ormai questi comportamenti sono diffusi da anni, soprattutto da quando spopolano i social network e i vari tipi di messaggistica in rete».