Morta schiacciata in azienda: capo alla sbarra

Rinviati a giudizio il titolare della Bombonette Fiano Setti e il nipote Jacopo. La 40enne Laila El Harim perse la vita dentro una fustellatrice

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di Valentina Reggiani

Morì schiacciata all’interno della fustellastrice che stava cercando di sistemare. Ieri mattina, per la terribile morte della 40enne Laila El Harim, l’operaia di origine marocchina, ma in Italia da oltre vent’anni, residente a Bastiglia è arrivato il rinvio a giudizio per gli indagati, ovvero il titolare della Bombonette di Camposanto, Fiano Setti, 86 anni, fondatore e legale rappresentante della ditta e datore di lavoro, il nipote Jacopo Setti, 31, responsabile della sicurezza, e per l’azienda, in qualità di soggetto giuridico. L’udienza è prevista per il prossimo 17 gennaio. Contestualmente sono state revocate le costituzioni di parte civile: infatti i familiari della vittima, ovvero il marito, la figlioletta, i sei fratelli e i genitori sono stati risarciti dall’assicuazione. Un milione e mezzo di euro circa complessivi. L’accusa nei confronti degli imputati è quella di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche. Secondo le accuse, infatti, gli imputati modificarono il macchinario rispetto al manuale d’uso per un risparmio sui tempi di lavorazione e non considerarono minimamente il rischio di contatto dei lavoratori con gli organi in movimento durante l’uso delle fustellatrici. Agli imputati è stato contestato poi di non aver fatto seguire alla dipendente il corso di formazione di legge, non addestrandola così all’utilizzo di quella macchina così pericolosa e di cui lei stessa aveva fatto presente più volte i rischi. Ieri i difensori degli imputati avevano chiesto il non luogo a procedere per gli assistiti, con una serie di motivazioni che il Gup non ha giudicato accoglibili. Da qui il rinvio a giudizio. La telefonata, terrificante al marito della vittima Manuele Altiero arrivò la mattina del tre agosto dell’anno scorso: Laila era morta schiacciata all’interno di un macchinario. Da quel momento Manuele Altiero aveva invocato giustizia: "D’ora in poi parleranno le aule del tribunale", ha commentato Altiero. Nella precedente udienza, invece, il giudice aveva accolto tutte le richieste dell’avvocato Dario Eugeni che assiste i genitori, i fratelli e le sorelle della vittima unitamente a Studio3A-Valore Spa. "Anche se la legge ci impedisce di stare e di incidere nel processo – commentano i familiari –, ciò non toglie che continueremo a seguirlo da vicino nella speranza che vengano riconosciute e perseguite tutte le pesanti responsabilità dei datori di lavoro, che sia fatta giustizia e che Laila, e con lei tutti noi, possa ottenere almeno un briciolo di tutto quello che si merita. Per noi è come se fosse successo ieri". Ad intervenire sull’avvio del processo anche l’onorevole Cinque stelle Stefania Ascari: "La morte di Laila El Harim ha colpito al cuore l’intero paese e ha messo in luce quanto ancora ci sia da fare in tema di sicurezza del lavoro. Bene che il datore di lavoro, il delegato alla sicurezza e la ditta affrontino ora il processo ma non si può intervenire a tragedia avvenuta perché nessun risarcimento potrà mai restituire una vita. Occorre intervenire alla ‘radice’, affinchè non vi siano mai più vittime del lavoro".