«Nessuno vuole fare l’orafo»

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CHIAMIAMOLO mestiere o arte, forse le due cose insieme, certamente una passione per pochi, quello dell’orafo, un’attività dal passato glorioso, ma poco ricercata dai giovani di oggi e poco considerata dall’offerta formativa e scolastica. In altre parole un lavoro che rischia di estinguersi, e insieme a esso un patrimonio di conoscenze e abilità manuali che sempre meno professionisti sono in grado di padroneggiare. Tra questi vi è sicuramente Franco Pignattari, titolare in città del negozio laboratorio di via Nobili. Allievo dello storico orefice modenese Franco Ponzoni, oltre 40 anni di esperienza nel mondo dei metalli e delle pietre preziose, Pignattari è sempre innamorato della propria professione ma, dice, sempre meno giovani sono interessati. Come tutti i mestieri avrà i suoi pregi e i suoi difetti. «Per me che sono innamorato del mio lavoro non ci sono difetti, soltanto pregi – spiega – per il fatto stesso di amare una cosa già ti riesce meglio, è un’arte, una tradizione che però rischia di svanire nel nulla. Quello che io ho acquisito in oltre quarant’ anni di lavoro, se non ho modo di poterlo trasmettere, va perso e questo è un peccato perché come io sono stato depositario di queste cose da chi mi ha insegnato lavorare, sarebbe bello fare depositario qualcun’ altro delle cose che io ho imparato» I giovani sembra non si interessano più «Sempre meno – conferma – vedono solo professioni legate all’informatica oppure tendenze e mode, diffuse dalla televisione come ad esempio quella dei grandi chef, ci si dimentica di un’arte antica e affascinante che può dare tante soddisfazioni come le ha date a me in tutti questi anni. Io non ho figli e non ho nessuno a cui lasciare la mia attività, il mio sapere. In un anno e mezzo ho avuto la richiesta di tre ragazzi che sarebbero stati disponibili ad imparare il mestiere senza essere retribuiti ma il mio laboratorio è troppo piccolo, è abilitato soltanto per due persone, per me e mia moglie che è alla vendita. Un altro problema è la burocrazia, se un apprendista si provoca anche una piccola bruciatura sono guai immensi».

Anche la sua professione negli anni si è evoluta. «Io lavoro come si faceva una volta, a mano, con perizia, pazienza, e precisione millimetrica ma agli attrezzi tradizionali alterno strumenti tecnologici come la saldatura a laser e il pantografo elettronico; innovazioni che concorrono a rendere ancora più perfetto il risultato finale». . Cosa manca allora per mantenere in vita questo mestiere? «Solo le istituzioni sono in grado di valorizzare quest’arte e fare in modo che non venga perduta. Per questo faccio un appello alla Camera di Commercio e alle varie associazioni di categorie e dire che se vogliono fare dei corsi io sono disponibile ad insegnare gratuitamente solo per il piacere di poter trasmettere quello che so». Questo è amore.

Emanuela Zanasi