"Noi medici di famiglia ancora senza protezioni Impossibile lavorare così"

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"Fare il medico così, purtroppo, non è fare il medico. I pazienti hanno paura, hanno bisogno di essere presi per mano ma non possiamo far altro che sentirli al telefono ed incutere loro coraggio. Quello che ci resta".

Come per tutti i sanitari impegnati da giorni nella lotta al Coronavirus anche la situazione dei medici di base è complessa, da un punto di vista gestionale sicuramente ma, soprattutto, emotivo.

"Il problema dei presidi è di tutti – sottolinea Marinella Nasi – la verità è che non li abbiamo. Come medici di base ci hanno fornito un unico kit per riuscire ad effettuare le visite a domicilio ma non basta: una volta terminata una visita non puoi riutilizzarlo. Ci hanno detto che arriveranno e le stiamo aspettando ma lavoriamo prevalentemente al telefono ora, come indicato anche nei cartelli affissi nello studio. Se hanno febbre, come da protocollo fornitoci dall’Ausl, li rimandiamo a casa e diamo appunto indicazioni telefonicamente proprio per la mancanza di presidi sanitari adeguati e siamo comunque in ansia. Ad esempio ho seguito per giorni due coniugi e oggi – sottolinea Nasi – ho mandato in ospedale il marito; le condizioni erano peggiorate. Ma il rischio è che attraverso diagnosi telefoniche non si riesca a valutare nell’interezza la situazione, non diagnosticando per tempo le malattie e abbiamo paura. Sappiamo che va alzata la guardia quando ci parlano di tosse secca e febbricola, così come difficoltà respiratoria. Il problema è che quando hai a che fare con anziani con altre patologie come diabete, ipertensione e infarto le condizioni possono peggiorare all’improvviso e noi non possiamo essere accanto a loro per valutare la situazione, come invece dovrebbe essere".

"Poi -, continua Nasi – ci sono i pazienti oncologici che hanno bisogno di noi. L’Ausl sta cercando di formare una task force di medici volontari per controllare i pazienti a domicilio che hanno sintomi più leggeri ma sono in attesa di presidi adeguati. Se andiamo noi, senza le giuste protezioni, diventiamo untori non avendo fatto i tamponi. E’ uno strazio: fare il medico telefonico non va bene: l’aspetto umano, il più importante vien meno e in questo momento in particolare i pazienti hanno bisogno di essere rassicurati e di non sentirsi soli".

Valentina Reggiani