«Nozze combinate poi 10 anni di botte»

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«LA MIA vita? Non so cosa voglia dire sorridere. Ho conosciuto solo violenza, paura e dolore. Ho capito che il suo non è mai stato amore». Ha trent’anni ma è come se ne avesse vissuti cento.

Lei, sopravvissuta ad anni di pestaggi, è ora ospite insieme al figlioletto di una struttura protetta.

Come vi siete conosciuti lei e suo marito?

«Ci hanno fatto conoscere: era già tutto programmato. Una sua amica ci ha presentati e mi ha spiegato che avrei dovuto sposarlo. ‘E’ di buona famiglia e lavora in Italia’, mi ha detto. Io ero uscita per un caffè e una passeggiata invece, due mesi dopo, appena divenuta maggiorenne, mi sono trovata all’altare. Non ho potuto scegliere...»

Un matrimonio combinato dunque...

«Altre persone hanno deciso per la mia vita e, inizialmente, lui pareva pure gentile. Appena ho messo piede in Italia è iniziato l’incubo...»

E’ diventato violento?

«Fin da subito ha iniziato a picchiarmi e non mi ha risparmiato neppure quando, a marzo del 2008, è nato mio figlio. In più a casa i soldi non c’erano mai: sono arrivati anche i suoi genitori e lui manteneva tutta la famiglia. Spesso mi metteva le mani addosso perché diceva che ero inutile poiché non portavo i soldi a casa. Io avevo il bambino piccolo, non potevo lasciarlo solo».

La aggrediva dopo i litigi quindi?

«No, anche senza motivo. Era geloso, possessivo e mi era concesso uscire di casa solo per fare la spesa o portare il piccolo dal pediatria. Il resto del tempo ero segregata in casa. Appena sentivo aprire la porta tremavo: sapevo che avrebbe trovato una qualsiasi scusa per farmi del male».

L’ultima volta, domenica, ha però trovato il coraggio di denunciarlo...

«Mi aveva già rotto il naso altre volte e mi aveva sempre costretto a dire ai medici che ero caduta dalle scale. Mi giurava che non sarebbe più accaduto ed io, pur non credendo alle sue parole, temevo che, se avessi parlato, sarei andata incontro a situazioni più gravi. Poi è arrivata la notte di domenica. Io ero uscita per mangiare un kebab con mio figlio. Lui è tornato a casa dopo le 23 con mio suocero, completamente ubriaco. Hanno iniziato a dirmi che quella non era casa mia, che dovevo andarmene. Poi, quando ho ribadito che avrei dormito col mio bambino nel mio letto, lui ha iniziato a picchiarmi forte. Sembrava non volesse più smettere...»

Cosa è accaduto poi?

«Dopo avermi rotto il naso con una raffica di pugni mi ha chiuso fuori dalla porta, dicendomi di dormire in giardino. Continuavo a vedere il sangue che usciva dal naso. Ero choccata ma, per fortuna, avevo tenuto il cellulare in mano tutto il tempo ed ho chiamato i carabinieri che lo hannno fermato. L’ambulanza, poi, mi ha portato in ospedale e, in quel momento, ho capito che ero salva».

Cosa farà adesso?

«So che non voglio più vivere con lui. La signora per cui lavoro come badante mi sta aiutando tanto. Lo avevo già denunciato a marzo poi, per paura che mi facesse ancora più male, l’ho ritirata. Nonostante gli occhi neri, nonostante il naso rotto. La mia vità è stata tremenda: non credo di aver mai accennato un sorriso. Ora voglio imparare a ridere; voglio sentire il sapore della felicità e, soprattutto, della libertà».