Nuove ombre sul caso pedofili

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CI sono anche due modenesi tra gli indagati sugli affidamenti illeciti di minori a Reggio Emilia. Una assistente sociale di trent’anni nata a Formigine, B.B., con l’ipotesi di reato di violenza privata, e F.G., direttrice classe ’60 dello staff di comunicazione dell’Asl di Reggio Emilia. Entrambe vivono a Correggio. La prima avrebbe costretto una mamma a non ospitare il compagno in casa alla presenza della figlia minore, «in assenza di una reale situazione di pericolo», riporta nell’ordinanza il gip reggiano Luca Ramponi. La seconda, invece, avrebbe procurato ingiusto profitto (economico) attraverso il convegno ‘Quando la notte abita il giorno’ a tre degli iscritti nel registro, con incarichi esterni. Tra questi ultimi c’è una figura chiave nell’inchiesta choc: Claudio Foti, psicoterapeuta e soprattutto direttore scientifico della onlus ‘Hansel e Gretel’ di Moncalieri (Torino).

MA di legato al nostro territorio c’è molto di più, all’interno dell’operazione dei carabinieri sui servizi sociali della Val D’Enza, che riguarda presunti lavaggi del cervello ai danni di minori (anche con l’utilizzo di apparecchiature elettriche) per indurli a raccontare violenze sessuali in realtà mai subite e poter così allontanarli dalle famiglie d’origine, col fine ultimo di guadagnarci sopra. C’è un legame, che viene quasi d’istinto, con la vicenda dei presunti pedofili della Bassa, quando, negli anni Novanta, qui nel Modenese, sedici bambini vennero allontanati dalle loro famiglie d’origine a fronte di presunti abusi sessuali uniti a riti satanici. Per anni, e da subito, quelle famiglie hanno proclamato la loro innocenza. L’esito dei vari filoni processuali non ha mai fatto chiarezza: tante assoluzioni e, di recente, la Corte di Appello di Ancona ha detto sì alla richiesta di revisione del processo chiesta da Federico Scotta, condannato a fine anni Novanta a undici anni di carcere. A lui e alla moglie furono tolti tre figli, due di tre ed otto anni, un altro appena nato. Il legame tra l’operazione ‘Angeli e demoni’ (così è stata chiamata quella scattata ieri nel Reggiano) e il caso pedofili va però ben oltre. Va oltre perché la stessa onlus di Torino, la Hansel e Gretel di Moncalieri appunto, al centro delle ipotesi di reato della procura reggiana è la stessa che negli anni Novanta fornì tre psicologhe che ottennero l’incarico di consulenti del gip nel caso ‘pedofili della Bassa’. Inizialmente tre, rimaste quasi subito in due; furono loro a curare le audizioni protette dei bambini, quelle dalle quali uscirono le basi delle accuse: i racconti di abusi sessuali resi (si diceva) dai minorenni in questione e trascritti nelle perizie. Quelle due consulenti, che non risultano indagate nell’inchiesta reggiana, sono Cristina Roccia (ex moglie di Claudio Foti) e Sabrina Farci. Le loro perizie riportavano, per così dire, il logo della Hansel e Gretel.

VENT’ANNI dopo, oggi, emerge che quella stessa onlus a Reggio Emilia sarebbe stata per anni il terminale ultimo di un meccanismo che avrebbe portato all’allontanamento di bambini dalle famiglie d’origine con racconti manomessi ad arte su abusi sessuali mai subiti, il tutto perché i servizi sociali affidavano poi proprio alla Hansel e Gretel le sedute private di psicoterapia. E alla stessa onlus venivano affidati dai servizi sociali (e pagati), oltre all’intero servizio di psicoterapia, anche convegni e corsi di formazione. Un giro di soldi notevole: centinaia di migliaia di euro. L’inchiesta ‘Angeli e Demoni’ a Reggio è partita da un aumento esponenziale ed anomalo delle segnalazioni di abusi sessuali su minore provenienti dai servizi sociali. Questo elemento, a chi ha seguito la vicenda dei pedofili della Bassa, mette i brivi e traccia una nuova ombra, vent’anni dopo, che forse nessuno potrà mai più togliere su quanto avvenuto negli anni Novanta.