"Occuparono casolare disabitato": 15 anarchici finiscono a processo

I fatti nel marzo 2020 a Samone di Guiglia: ore di tensione e notte di protesta prima di ’arrendersi’

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Avrebbero anche minacciato di buttarsi dal tetto e di lanciare tegole dopo l’ennesimo ‘invito’ a sgomberare l’edificio, creando non poca tensione tra i residenti della piccola frazione di Samone di Guiglia. Ieri mattina i 15 giovani ’anarchici’ tra i 20 e i 30 anni, accusati di occupazione abusiva e resistenza, sono stati rinviati a giudizio e dovranno affrontare il processo. L’episodio risale al marzo dello scorso anno, a qualche giorno dall’inizio del lockdown. Un gruppo riconducibile agli anarchici, proveniente da diverse province, aveva scelto propro un casolare privato – ma disabitato – per dar vita ad una sorta di ritrovo a lungo termine. Le ragioni dell’occupazione, infatti, non sono emerse ma pare che gli imputati avessero eletto a propria dimora lo stabile in disuso. Fatto sta che il venerdì sera una ventina di ragazzi si erano presentati nello stabile, in una zona isolata dell’appennino e di proprietà di un bolognese per poi occuparlo.

Ovviamente l’orda di giovani nella zona non era certo passata inosservata e la voce di quegli improvvisati inquilini era presto giunta all’orecchio del proprietario. Poco dopo erano arrivati quindi sul posto i carabinieri ma la situazione che si erano trovati dinanzi non era certo facile: oltre ad insulti e ovviamente al diniego di uscire dallo stabile occupato, cinque dei giovani anarchici erano saliti sul tetto del casolare minacciando di gettarsi nel vuoto. La protesta era andata avanti tutta notte e fino a sabato con decine di militari in tenuta antisommossa schierati attorno all’edificio. Sul posto era intervenuto anche il legale dei giovani occupanti – avvocato Daniela Goldoni – e, alla fine, insieme ai militari era riuscita a convincerli a desistere dal gesto.

Alla fine dieci giovani erano stati arrestati per occupazione abusiva e resistenza; altri cinque denunciati.

La difesa ieri in aula ha chiesto il non luogo a procedere: gli imputati, infatti, erano stati identificati dai militari solo il giorno dello sgombero ma non sarebbe chiaro se gli stessi avessero effettivamente occupato, nei giorni precedenti, l’edificio.

Il giudice, però, ha rinviato tutti a giudizio con l’accusa di occupazione e resistenza, visti gli scontri che comunque si erano originati con le forze dell’ordine.

Il giorno dello sgombero si era reso pure necessario l’intervento degli artificieri: il gruppo aveva infatti abbandonato sul posto due borsoni risultati poi contenere cavi elettrici.

Trattandosi di materiale ‘sospetto’, però, per questioni di sicurezza erano stati fatti brillare.

Valentina Reggiani