Patologie rare, medici a scuola dai pazienti

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CHE cosa senti? Quanto fa male? Posso fare qualcosa; anche solo ascoltarti? Solo un paziente può sapere e descrivere cosa ‘si prova’ quando si vive o attraversa una malattia che sia rara, cronica, temporanea. L’esperienza di vita, unita all’empatia dell’interlocutore, rappresentano spesso la miglior cura. Ecco perche, nel 2015, è nato EduCare: un progetto unico in Italia, ispirato al modello canadese e ideato dalla dottoressa e docente Maria Stella Padula - che accosta il paziente al docente nella formazione di base dei futuri professionisti della salute. «Curati e curanti insegnano in tandem al fine di umanizzare la cura – spiega Padula – accanto al docente che insegna la malattia, i pazienti spiegano contenuti importanti come l’importanza dell’ascolto e della buona relazione fra medico, paziente e famiglia. E’ nato in medicina generale, che vive più da vicino le problematiche dei pazienti che, diventando formatori, insegnano cosa significa vivere con la malattia, soprattutto con quella cronica e con gli esiti delle malattie gravi. Una didattica innovativa che per la prima volta mette al centro l’esperienza di vita: come ci si adatta al cambiamento, come si fa a vivere con la disabilità e la non autosufficienza; con le paure e la fatica quotidiana dell’essere malato. Al centro dei contenuti di insegnamento – spiega Padula – non c’è la denuncia di ciò che non funziona, ma la scoperta di ciò che funziona della cura, cioè le «buone pratiche» di cura che sono i contenuti originali irrinunciabili di insegnamento, aderenti al cambiamento dei bisogni di salute: bisogni di comprensione e di partecipazione da parte dei pazienti, di aderenza ai trattamenti. Il 70% dei pazienti e dei familiari ricercano informazioni sulla salute su internet. Il 50% é colpita da almeno una malattia cronica e il focus dei contenuti e delle abilità da apprendere non è la lesione dell’organo malato, che non guarisce, ma è il vivere con la cronicità; la non-guarigione». Padula spiega come l’insegnamento della medicina agli studenti, con pazienti e familiari precedentemente formati e le buone pratiche tratte delle esperienze di vita con la malattia diventino esempi positivi, indimenticabili che si imprimono nella memoria dei futuri medici. «Docenti illuminati della nostra Università hanno aderito al progetto, cogliendo l’occasione di una didattica innovativa: il prof Carlo Porro, il prof Giovanni Pellacani e ancora prof Fausta Lui e il prof Giorgio Zanetti». Entusiasti gli studenti: «Ho conosciuto la professoressa Padula e il progetto nella nel 2017, durante alcune lezioni del modulo di Medicina Generale. Diversi pazienti vennero a raccontarci le loro storie – racconta Maria Francesca di Feo – ascoltammo i casi più disparati e provammo a immedesimarci prima nei pazienti e poi nei medici, potendo valutare così i punti di vista di entrambi». «Ho seguito un formatore per la sarcoidosi ed è stato toccante – afferma lo studente Luca Antonini – la differenza di approccio rispetto ad un clinico è che il paziente la malattia la vive e può trasmettere un punto di vista umano. Spesso, infatti, non ci ricordiamo che abbiamo a che fare con persone».

Valentina Reggiani