Pavullo, il ministero nega l’attesa deroga: punto nascite già chiuso

Pavullo, la Regione: «Fatto il possibile». I comitati protestano: «Non ci fermiamo». Salva, invece, ostetricia a Mirandola

Un momento della fiaccolata per salvare il punto nascite di Pavullo

Un momento della fiaccolata per salvare il punto nascite di Pavullo

Pavullo (Modena), 6 ottobre 2017 - Un giorno triste, quello di ieri, per l’intero Appennino. Di quelli che passeranno purtroppo alla storia e che nessuno, tanto più tra coloro che nell’ospedale di Pavullo ci sono nati (me compresa), o ci hanno visto nascere i propri figli, dimenticherà tanto facilmente. Il punto nascite ha chiuso i battenti. Già ieri, praticamente senza preavviso, con una nota dell’Ausl delle ore 14 (ma c’è qualche giorno di tolleranza per le mamme a termine). E la sigla G393 (compare nel codice fiscale di chi è nato a Pavullo), che per chi vive nel Frignano significa vita, casa, radici, non sarà più utilizzata. La chiusura del punto nascite è stata resa effettiva subito dopo la notizia, diramata poche ore prima dalla Regione, che il Ministero della Salute non aveva accolto la richiesta di deroga presentata dalla Regione per evitare la sospensione dell’attività di assistenza al parto nei 6 ospedali dell’Emilia Romagna con meno di 500 parti l’anno: Pavullo, Castelnovo ne’ Monti (Re) e Borgo Val di Taro (Pr), che non sono stati salvati, Mirandola, Cento (Fe) e Scandiano (Re), per i quali il Ministero ha invece concesso la deroga. Secondo Roma, quindi, per i tre punti nascite montani «non ci sono le condizioni di sicurezza necessarie per mamme e neonati». L’assessore regionale alle Politiche per la salute, Sergio Venturi, garantisce che «abbiamo percorso tutte le strade possibili senza lasciare nulla di intentato. Come Giunta avevamo deciso di chiedere la deroga per tutte e sei le strutture», nonostante la commissione tecnica regionale avesse dato indicazione di chiedere la deroga solo per i punti nascita del cratere e di Scandiano. «Avevamo dato rassicurazioni sul fatto di voler adeguare strutture e organizzazione rispetto ai parametri di sicurezza – continua Venturi –, ma il pronunciamento del ministero è chiaro e adesso occorre attenersi a questa decisione, consapevoli che la sicurezza deve venire al primo posto».

Tra le mamme e i comitati la delusione è massima. «È una doccia fredda – dice Giovanna Gianelli, vicepresidente di ‘Salviamo l’ospedale di Pavullo’ –. Ci speravamo. Ma è mancata in loco la volontà di salvarlo. Ci incontreremo presto come comitati, e definiremo cosa fare. Le vie istituzionali sono fallite: troveremo altre forme di protesta». Insomma i comitati annunciano ancora battaglie.

«Siamo tristi e avviliti – dice Gaetano Vandelli di Pavullo 95 –. Ho parlato con tutti i politici, persino onorevoli, ma alla fine tutti hanno fatto come Ponzio Pilato: se ne sono lavati le mani. E hanno dato la colpa ai tecnici. Sarà questione di mesi, e chiuderà l’intero reparto. Le 6000 firme raccolte non sono contate». «Il punto nascite è stato reso grande dai professionisti che vi hanno operato. La politica si è limitato a spegnerlo lentamente», interviene il consigliere comunale 5 Stelle Davide Venturelli. «Un fallimento targato Pd» dice Dell’Orco, movimento 5 stelle. L’assessore regionale Venturi dal canto suo ci tiene a precisare che «sospendere l’attività non vuol dire lasciare sole mamme e bambini, né abbandonare le aree montane. Gli investimenti messi in campo dalla Regione per potenziare gli ospedali dell’Appennino saranno rafforzati». Magra consolazione, a Pavullo restano i servizi di assistenza pre e post parto.